Intervista Analogica.Il cinema indipendente della Regista e Video maker Laura Piras

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Laura Piras è una Regista, una madre, una attivista o meglio Artivista , una donna che produce cultura e che lavora. Alghero è la sua città, la Sardegna è la sua casa.  Nootempo ha collaborato con lei in uno dei primi video clip prodotto per il progetto Bentesoi, il singolo electro dub My Nation. Non è facile parlare del mondo del Cinema e su quello che ruota intorno ad esso nella nostra isola, location naturale perfetta per produzioni cinematografiche. Laura ci racconta la sua esperienza, i suoi progetti mettendo in primo piano un messaggio positivo che certamente non nasconde critiche, pur sempre costruttive. Saranno le donne , quelle intelligenti, a cambiare il mondo, di  questo ne siamo convinti. Leggiamo, condividiamo, diffondiamo e impariamo da chi si mette in gioco e vuole costruire qualcosa con passione e impegno. 

N Ciack si gira… Presentaci Laura Piras
Non è così facile presentarsi, bisogna aver ben chiaro chi si è e chi ci si crede di essere. Una cosa ho ben chiara, quella di essere madre di un bambino che ogni giorno mi stupisce e che mi ricorda che il tempo passa. Questo sì ce l’ho ben chiaro, Come ho ben chiaro che le madri di oggi che decidono di lavorare avrebbero bisogno di più sostegno basti pensare che in Italia solo il 21,3% delle donne riveste un ruolo di potere. Vi lascio immaginare la situazione in Sardegna. Per tutto il resto ci vuole tempo magari ne riparliamo quando sarò anziana. Sempre che ci arrivi.

Una cosa ho ben chiara, quella di essere madre di un bambino che ogni giorno mi stupisce e che mi ricorda che il tempo passa.

N Un tuo lavoro importante…
Ultimamente ho avuto l’onore di lavorare per i Nasodoble. Un lavoro importante è cazz boh, non perché il resto che ho fatto sia da meno, ma perché farlo è stato dirompente, in assoluto il più divertente, ci abbiamo creduto tutti fin dall’inizio e questo ha permesso di raggiungere l’obiettivo.

N Produrre progetti nella nostra Isola…
Non è facile, bisogna avere entusiasmo, crederci davvero e trovare le persone giuste con cui lavorare qui e anche fuori dall’isola.

N Tanto ” mi sono comprato una Reflex ” Sono videomaker ..no?
Se bastasse una reflex per essere videomaker lo potremo essere tutti al giorno d’oggi. E ben venga! Più punti di vista e più letture. Siamo bombardati di immagini, di video e spesso il problema è la lettura di quelle immagini. A mio parere ognuno può ritenersi quello che si vuole, se pensi di essere un artista, un pittore, un attore un regista è perché ci credi davvero, ma chi ti legge, ti percepisce come tale, ha ben presente quale sia il tuo linguaggio? Fino a poco più di 10 anni fa il selfismo a cui assistiamo ora era impensabile, per essere un regista non bastava postare un backstage e qualche video su Facebook. La visibilità democratizzata può avere degli effetti negativi soprattutto sugli adolescenti. E comunque la reflex si usava già nel 1860.

N La Musica che ti ispira
Ascolto la musica ascoltando il mio stato d’animo. Non ho un genere che prediligo. Mi piace spaziare, dai Beastie boys a Billy Holiday dai Daft Punk ai Medeski Martin and Wood fino ad Rokia Traorè, Idir, e Bijork Massive Attack, Cinematic Orchestra, Flashbulb e poi tanto altro che sarebbe forse fin troppo lungo elencare.

N Distruggi un luogo comune N Tanto ” mi sono comprato una Reflex ” Sono videomaker ..no?
Spesso sento dire questa frase “i Sardi sono persone chiuse, che non fanno e non lasciano fare”. Intanto c’è da considerare un dato importante, ovvero, che la popolazione sarda non cresce più – il saldo naturale per il biennio 2014-2015 è pari a -3972 unità, e che la popolazione straniera, pur aumentando non compensa più il numero dei giovani che lasciano l’isola. Quindi così chiusi non siamo anzi, ci piace il multiculturalismo, ci piace viaggiare e ci piacerebbe farlo sempre di più. Se non fosse che la Sardegna è tagliata fuori dai 9 corridoi europei che mettono in comunicazione l’isola con il resto dell’Europa. Il problema é che spesso si decide di emigrare perché qui non si investe nel settore culturale e se pensiamo all’esportazione è ancora peggio, perché qui l’abbandono scolastico è legato alle condizioni di pendolarità, perché qui le politiche di concessione delle terre ai giovani disoccupati non sono ancora arrivate. E l’elenco sarebbe più lungo ma preferisco fermarmi. Il problema, quindi, non sta nel fatto che i Sardi siano persone chiuse né tanto meno che non lasciano fare, il problema è che ancora oggi la maggior parte delle persone che vivono in Sardegna non è riuscita a percepirsi come Sardo libero, indipendente e contemporaneo. Ci sono però realtà e comunità in crescita a cui la stampa non è interessata e ma che hanno tutte le carte giuste per portare avanti nuove idee e nuove visioni per un’Isola che altrimenti sarebbe destinata ad invecchiare ed ad essere svenduta. Credo che l’eredità di questo pensiero atavico del sardo chiuso e geloso che parte da un condizione di disagio e insoddisfazione debba essere sostituito da interrogativi Cosa rimarrebbe del sardo e della Sardegna attuale fra 100 anni? Io non sono quello che era mia nonna, ma sono anche quello. Non possiamo rimanere congelati in un’idea di Sardegna che non guarda fuori dal proprio giardino, nel rispetto di ogni singolo sughereto e di ogni triglia credo che dobbiamo continuare a batterci per comunicare al modo che esistiamo pure noi non siamo quelli di 100 anni fa.

Spesso sento dire questa frase “i Sardi sono persone chiuse, che non fanno e non lasciano fare”.

N Cinema in Sardegna , Cinema indipendente
Il cinema in Sardegna secondo me esiste e ha un seguito in crescita esponenziale, ci sono molti talenti che cercano di incrementare la propria formazione al di là dell’Isola ed è giusto che sia così, perché è utile alla crescita di ognuno di noi essere curiosi e confrontarsi con il resto del mondo. Però sarebbe anche bello se qui in Sardegna si mettessero le basi per la creazione di un polo cinematografico sperimentale che metta in relazione le nuove generazioni di cineasti sardi con aspiranti cineasti giapponesi americani indiani catalani insomma provenienti da ogni dove ma aventi in comune questa fantastica passione che nel tempo può permettere una crescita culturale ed economica, direi decisamente meglio come prospettiva rispetto alle violacee piantagioni di cardo. il Cinema indipendente è il cinema artigiano, quello che si fa perché se ne sente l’esigenza che supera ogni difficoltà di realizzazione. Lo definirei quasi un bisogno, una cura. Spesso considerato di serie B, ma non è assolutamente così. Ho visto dei documentari che se non si fossero prodotti in questo modo non si sarebbero mai potuti realizzare. Straordinari sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista narrativo.

N Cinema e Donne
Non sopporto e non capisco chi dice “ eh! si vede che questo film è fatto da una donna, è così carino…” Ma che vuol dire? Quindi, tutte le migliaia di film fatti da uomini in cosa si distinguono tra loro? Uno è più maschio dell’altro? Ci sono donne nel cinema e non solo attrici che se mancassero se ne sentirebbe il bisogno. Le registe è vero sono poche rispetto agli uomini, ma non mancano, come non mancano montatrici, produttrici, direttrici della fotografia. Se ne parla poco ma ci sono. Come accade con i libri di storia scritti da soli uomini noi donne dovremo iniziare a scrivere non solo quelli ma anche libri di storia del cinema così da sottolineare meglio la nostra presenza.

N i 5 Registi Incredibili
Werner Herzog
Stanley Kubrick
John Cassavetes
Lina Wertmuller
Xavier Dolan
Ma 5 non bastano!

N Alghero
La città in cui sono nata, e in cui vivo ora, ma chissà se morirò qui. Certo vedere l’orizzonte ogni mattina non è cosa da poco. Per ora è un regalo ereditato che voglio lasciare anche a mio figlio. La amo e la odio, potenzialmente è un ricchezza ma il mare non basta a dichiararla tale, mancano e tardano ad arrivare politiche lungimiranti che possano crescere le nuove generazioni con la consapevolezza di ciò che è il bene comune.

N Un Viaggio, una piccola storia
Porto nei miei ricordi un viaggio in Cabila, Algeria. Era il 2006. Non avevo lo smartphone e le mail le leggevo da un pc che per accendersi non bastava mezz’ora. Comunicazione lenta, lentissima. Nonostante tutto, questo non mi impedì di conoscere realtà attive e stimolanti. Decisi di partire con un gruppo di studenti e un docente della Milano Bicocca, Vermondo Brugnatelli, senza neanche averli mai visti, neanche in foto. Un viaggio alla scoperta della lingua e della cultura berbera. Arrivati a Bejaia tutto fu molto familiare, i sapori, i colori, i tratti somatici, sembrava di stare a casa, fino a quando non sentii il muezzin che intonava il richiamo alla preghiera, quella voce che riecheggiava ed era in ogni dove, paralizzante, ipnotizzante, aveva un un‘intensità vocale talmente forte che anche le rondini si acquietavano dalla loro caccia all’insetto. I ricordi di quel viaggio sono tanti. Ho ancora in mente quel giorno in cui entrammo a casa di Ferhat Mehenni, fondatore del MAK (movimento per l’autonomia della Cabilia) un movimento nato dopo la Primavera nera, che ci raccontò la sua lotta e il suo dolore. Una lotta fatta non solo di comizi ma anche di musica. Infatti lui incise diversi album in berbero, che pur essendo una lingua non riconosciuta dallo stato è ancora oggi compresa e accolta nella maggior parte delle case. Pensare che la musica potesse essere l’unico mezzo per poter far passare un messaggio di libertà, mi fa ancora accapponare la pelle. Sì, perché in Cabilia fino al 2001, era proibito il berbero anche come insegnamento nelle università, durante la primavera nera ed anche quella berbera molti studenti e manifestanti furono trucidati a sangue freddo nelle università e nelle piazze. Entrare in quei luoghi e parlare con i ragazzi e le ragazze che hanno ereditato questo dolore ha scatenato in me una lunga riflessione, cha tutt’ora impera, sulla bellezza e sull’amore verso l’altro e per la terra che ci ospita. Incontrai anche molte donne combattenti, senza armi, se non con la loro voce, e sono quelle che subiscono la repressione più dura. Ricordo anche il viaggio di ritorno, e l’attentato che ci fu, vicino all’aeroporto mentre noi entravamo con il bus. Il panico di tutti noi, silenti e increduli, e le chiamate ai nostri familiari per tranquillizzarli. Salutai l’Algeria con questo straziante ricordo. Chissà se un giorno riuscirò a mettere mano a tutto quel materiale girato durante quel viaggio. Per ora rimane un progetto aperto. Nel frattempo la musica berbera è e sarà la voce di libertà di un intero popolo. Quella musica l’ho portata a casa e farà sempre parte di me.

N Linkaci un video che ti rappresenta

N I tuoi Progetti per il Presente
Ho un progetto molto importante tra le mani, ci sto lavorando da diverso tempo e spero di chiuderlo entro quest’anno.

N Esalta nootempo,net e manda un messaggio in sardo al mondo
In nootempo we trust! In nootempo nois bi creimus!

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