Intervista analogica.La Prosa in versi_versi in prosa di Giuseppe Cristaldi

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Giuseppe Cristaldi, Pugliese di nascita e Sardo per “rapimento isolano”  riesce, con un linguaggio raffinato e colto, a proiettare chi legge in Opere Pittoriche, spaccati di vita contemporanea dalle sfumature intense che attraversano l’anima facendo meditare, riflettere, emozionare, lasciando una traccia profonda che alimenta il desiderio di riaccostarsi ai suoi Viaggi letterari e poetici ancora e ancora e ancora….
 a cura di Rita Onida Orecchioni Vargiu
N: Presentati con una tua scheda personale

Non amo le presentazioni, mi catapultano a quelle sale di comunione alcolista: un cerchio di sedie e delle persone con le catastrofi negli occhi che a turno si alzano per declamarsi: “Sono Giuseppe, e non bevo da cinque giorni”. Se proprio devo, mi piace pensarmi nel mio circo drammatico errante, nella selva variopinta di individui che di tanto in tanto vengono fuori da un cilindro per sconvolgermi la vita. La mia scheda personale si configura nella dimensione crepuscolare del Capo di Leuca.

N: Cosa significa essere scrittori

Per quanto concerne il discorso scritturale credo sia naturale che ogni autore abbia una visione autonoma, una forma di coinvolgimento personale; talvolta ciò trascende la narrazione stessa. Intanto io preferisco sottrarmi alla definizione, non per chissà quale pleonastico ritorno, ma perché trovo sia fondamentale spogliarsi di un ruolo nel penetrare gli accadimenti, le storie, quanto sia alla base del raccontare, raccontarsi. Una predisposizione simile consente di ridursi a mezzo, semplice veicolo, traino. Il mio concetto di scrittura non può eludere l’impegno civile e si precisa nella traslazione di tutto quel non detto che è alla radice popolare, come le sillabe che incespicano nei fiati contadini, o come quell’affascinante, reiterata, creatività dei sentimenti meridionali.

N: Il mondo dell’editoria nella realtà odierna

Beh, è un mondo abnorme, completamente alieno alle ragioni per cui vive. Ovviamente quest’affermazione non vale per tutte le case editrici e non può prescindere dalla singolare condizione del lettore medio. Mi viene alla mente una provocazione di Ascanio Celestini: “Il popolo è un bambino, vuole le ciabattine al letto…”, questo per dire che mentre da un lato vi è la riluttanza alla proposta di una letteratura degna della storia italiana, dall’altro vi è una specie di autolivellamento nella richiesta di pubblicazioni che valgano quantomeno una lettura. Entrambe le posizioni si nutrono di loro stesse, si vengono incontro agitando scompostamente il vessillo del mercato, della mercificazione, intesa sotto ogni punto di vista. In tale giungla, mi astengo dall’infilarci il curioso mondo delle stamperie che pur volendosi avvinghiare alla categoria editoriale, somigliano a tombini intasati oltre cui zampillano illusioni a pagamento. Una trattazione a sé dovrebbe avere, invece, l’odierno mondo dell’editing, i cui criteri convergono nella semplificazione elementare o addirittura nell’amputazione di una lingua bellissima come la nostra.

N: Come nasce Giuseppe Cristaldi Scrittore

Nasce lettore, lettore e autodidatta. Il mio punto di partenza è stato, è, ancora una volta, una condizione che potrebbe spronare qualsiasi formula artistica: la solitudine partecipata, o meglio ancora, una combriccola di solitudini che parlano e parlano, e non vogliono saperne di smetterla. Delle volte questo diviene parossistico, diviene qualcosa che potrebbe ricordare l’Hikikomori giapponese, ma a quel punto è meglio non scrivere. Sia chiaro, siamo ancora nella scrittura germinale, quella che non prevede una pubblicazione. Il successivo passaggio, nel mio caso, avvenne grazie a Franco Battiato, al quale mi lega il privilegio di un’amicizia. Rispose telefonicamente a una mia lettera, ne nacque un confronto intenso: in maniera davvero paterna mi sollecitò a farne qualcosa degli scritti che saltuariamente sottoponevo alla sua attenzione, a sostegno della sua intuizione mi promise una vicinanza anche artistica: nel 2007 fu pubblicato il mio primo romanzo Storia di un metronomo capovolto, con all’interno un suo intervento.

N: Limiti e difficoltà da affrontare se si vuole diventare scrittori

Diventare scrittore non credo sia un’operazione strutturata, un procedimento strettamente connesso alla volontà. Penso addirittura che si possa parlare di un incidente duraturo le cui dinamiche vengano corrette di anno in anno. Anteposto ciò, bisognerebbe fare i conti con un’affermazione incontrovertibile di Honorè de Balzac: “Gli incompresi si dividono in due categorie: le donne e gli scrittori.” L’incomprensione, in questo caso, penso pertenga più ambiti, come ad esempio quello tematico, o strettamente stilistico, o ancora, quello legato alla lavorazione del manoscritto con le figure professionali preposte dall’editore. L’attuale ipertrofia di scrittori mi conduce a mettermi sotto processo quotidianamente, tale autoanalisi è di per sé una difficoltà. Essa si precisa in una domanda feroce: “Quanto rileggo è scrittura o un prosaico esercizio di stile?” Mi auguro che a tale prova si sottoponga chiunque abbia un senso di responsabilità in materia letteraria.

N: Cosa si può fare per avvicinare i giovani alla Lettura

Il grande rischio a cui siamo esposti noi giovani è quello di confondere la lettura con la nozionistica libraria. Mi spiego: entrare in un libro non corrisponde alla semplice lettura, non serve leggere, serve trapiantarsi nelle pagine, darsi un’opportunità alternativa, aggiungere vite e vite alla propria. Riuscire a terminare un libro scansa il rischio di una semplice lettura; lasciare un libro a metà è come ghigliottinare se stessi, in un certo qual modo. Ma il vero problema è in un altro stadio, quello a cui facevo riferimento inizialmente: sta aumentando in maniera esponenziale la certezza che una recensione o una sinossi valgano la lettura di un libro. Sta crescendo sempre più l’intelletto spottistico, l’affondare in una scrittura nella misura in cui Wikipedia lo permetta. Non si possono pretendere stratagemmi di avvicinamento al leggere perché tale adozione ha in sé il germe del trucco e il trucco è allontanamento ulteriore, o peggio, tradimento. Ultimamente mi affascina entrare nella scrittura dei bambini. Leggo i bambini come se leggessi Joyce. E’ un discorso lungo, che non desidero spiegare, tantomeno ridurre al dispositivo linguistico. Ho solo il sentore che questo rappresenti un’avanguardia. Vedete? Il capovolgimento di tutto, l’involontarietà attiva.

N: Quanto influisce uno scrittore con le sue Opere sulla società

Non dipende dallo scrittore, ma dalla società. Uno scrittore degno della sua funzione non può preoccuparsi di trovare un adattamento alla comprensione, ha solo il dovere di guardare dietro le quinte della vita. La società ha i suoi tempi, possono essere brevi o lunghi, ma questo non può influenzare un’opera. Naturalmente l’augurio di ogni autore è quello di giungere il prima possibile a un collettivo, anche se nessuno della categoria lo ammetterà. Se ogni denuncia o, più semplicemente, una tematica giungesse nei tempi che lo scrittore si augura, sarebbe un beneficio per la società. Io mi accontento di rompere i coglioni all’universo usuale, di danzare sui gradini.

N: Quale consideri la tua città?

La prima che riesca ad abitarmi.

N: Il rapporto con la Sardegna tua terra di adozione

I più grandi esoteristi, ma anche gli esoterici, posti alle strette sulla enunciazione del loro recondito sapere, usano glissare (e direi giustamente) facendo riferimento al dispositivo linguistico: non è possibile parlare del cielo adoperando il linguaggio terreno; a sostegno di questa tesi Carmelo Bene ebbe a dire: “Non puoi parlare di Dio con Dio”. Tutta questa premessa per dire che descrivere il rapimento isolano, e più ancora, quello sardo, corrisponde al coniare una lingua altra. Altra, d’altrove. Il filosofo siciliano Sgalambro, nella sua Teoria della Sicilia, declamò: “Là dove domina l’elemento insulare, è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dell’isola è segnata da questa certezza: un’isola può sempre sparire.” Si cade come in un naufragio tra le zolle di terra viva, l’isola ha i suoi moniti e i suoi dolci ingressi. La Sardegna rappresenta per me una svolta esistenziale, ma raccontare questo è sempre difficile, è come se il lessico a disposizione si trovasse in ginocchio: non mi basta, non mi basterà mai. Io sono fermamente convinto che se l’umana specie avesse la possibilità di vivere, anche solo per dei mesi, l’esperienza isolana, annienterebbe gran parte delle sue lacune e delle sue pecche.Non so quale sarà il mio futuro, so solo che a questa terra e a questo popolo io debba tanto. Crescere vuol dire dare un nome alle proprie radici, ecco, la Sardegna mi ha insegnato a celebrare i battesimi giusti, quelli definitivi.

N: Descrivi il luogo nel quale lavori

Non amo, adesso, fare mitopoietica. Joseph Conrad disse: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?Vale a dire che il luogo in cui scrivo è il mio corpo. Non posso prescindere dalla mia curiosità, dal rapporto quotidiano coi miei vicini, dai loro racconti di caccia, dal loro passato, dal loro affacciarsi alla terra natia, dalla bacca di mirto al liquido in una bottiglia, dalla capra insolente alle forme di formaggio che dormono sotto le presse di legno, dalla rotta dei cinghiali a quella delle tartarughe di terra. Amo questo stadio dell’esistenza, amo sentirmi ignorante davanti al pulsare dello sconosciuto. Spero solo di non conoscere mai abbastanza i luoghi che attraverso.

N: Affinità tra Puglia e Sardegna

Il ventaglio sensoriale di chi è al limite di un continente. L’anello dell’acqua, intorno, forma l’uomo. La concezione del non poter guadagnare terra estranea alla propria fa sì che ci si radichi irreversibilmente al territorio di appartenenza. Ogni persona, involontariamente, vive mutandosi in aratro. Smembra il proprio luogo ogni giorno, spacca il terreno, alla ricerca di cosa? Non si sa, non è importante saperlo. Ogni nativo sa solo di essere in un atto di amore inesplicabile, feroce sì, ma mai disgiunto dalla devozione, dall’immolazione. Proprio l’attaccamento nevrotico al proprio luogo stabilisce una spiccata predisposizione all’accoglienza e questo è quanto di più bello possa esistere. Sia la Puglia che la Sardegna non sanno cosa significhi il pregiudizio sullo straniero. Sia la Puglia che la Sardegna sanno di essere straniere per qualcuno che hanno alle costole e che per semplificare chiamano connazionale. Ciò vale per tutto il Meridione. Capiamoci, qui la discriminazione non c’entra; vale semmai la metafora della coda mozzata di una lucertola.

N: Elenca cinque Scrittori che ti hanno ispirato

Gesualdo Bufalino, Pier Paolo Pasolini, John Steinbeck, William Burroughs e, su tutti, William Faulkner. Concedetemi il sesto: Vincenzo Consolo!

N: Da dove attingi il materiale per le tue Opere

Per un fatto ideologico, o più semplicemente storico, ho sempre attinto dai luoghi in cui mio padre mi portava a lavorare. Eravamo degli impiantisti, ci occupavamo di elettricità, di elettronica e di idraulica. Il cantiere, ovvero la coesistenza con diverse maestranze, ad esempio i muratori, i pavimentisti, e via dicendo, mi dava la possibilità di un confronto proletario. Durante le pause, quando insieme si mangiava un panino, seduti sui mattoni, ognuno snocciolava le sue disperazioni o le glorie di pochi minuti, in sordina, quasi si avesse imbarazzo nel portare al di là di noi stessi una certa condizione esistenziale. Malgrado non svolga più quel lavoro, è rimasta la mia predisposizione alla ricerca forsennata di determinati anfratti sociali. Provo un vivo interesse per i microaccadimenti quotidiani, forse per tali ragioni ho sempre subito il magnetismo per certa letteratura americana; trovo fondamentale ricondurre alla narrazione civile quanto sfugga al cinismo della cronaca italiota.

N: Il vero scrittore e il ” falso” scrittore

Matò. Non hanno ragione di esistere i falsi scrittori, anche se deambulano sul tappetino di qualche clamore e si autoproclamano con frequenza giornaliera. Esistono gli scrittori e gli scriventi. Gli scrittori si dimenticano di loro stessi quando riportano una storia: hanno il pregio di venir meno, di annientarsi e naufragare in quello che raccontano. Gli scriventi amano la ginnastica davanti a uno specchio, le loro storie sono solo proiezione del loro essere che impatta contro un narcisismo di quartiere.

N: Progetti per il prossimo futuro

Insieme a due musicisti, due geni delle sonorità, vorrei portare alla luce un monologo su due stragi aeree accadute in Sardegna. Ci stiamo lavorando ogni giorno, loro sono i Mowman, per me è fonte di grande orgoglio averli accanto.

N: Dove troviamo notizie su Giuseppe Cristaldi?

In un qualsiasi oblio.   ( ndr  https://www.facebook.com/giuseppecristaldicircus/?fref=ts ) 

N: Esalta nootempo.net, e salutaci con una citazione.

Sono un pessimo “motivatore”, tuttavia trovo lodevole l’intento di Nootempo.net di porsi all’ascolto delle istanze urbane, quelle che talvolta sfociano nell’autismo artistico e che possono davvero cambiare una comunità, piccola o grande che sia. Nei vicoli cittadini esistono sempre dei sani megafoni, direi anche salubri, questo è un bene. La citazione me la invento ora: chi è causa dei suoi mali, indovini un “se stesso” su cui piangere.

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