Intervista analogica. L’esperienza teatrale e la passione dell’attore e performer Sardo Simone Tani

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Nelle nostre interviste analogiche spesso ci siamo occupati di musica e di band indipendenti ma oggi parliamo di teatro varcando il mare e incontrando Simone Tani attore teatrale sardo originario di Iglesias che vive e lavora a Liverpool ( uk ). Simone Tani non solo è protagonista dei suoi spettacoli con i quali ha girato il mondo ma insegna recitazione e lavora con la compagnia internazionale di teatro ” Teatro Pomodoro”. La Sardegna che produce e porta la sua professionalità oltre il mare. Simone Tani ci racconta la sua esperienza artistica, il suo cammino professionale e di vita. Diffondiamo arte e cultura indipendente dando voce agli artisti senza filtri e senza censure sta a voi leggere e condividere per supportare il nostro progetto di webzine libera !   

N: Descriviti con una tua breve scheda personale
Sono un attore teatrale, improvvisatore e clown. Sono uno dei fondatori della compagnia di improvvisazione teatrale i Bugiardini e della compagnia internazionale teatrale Teatro Pomodoro. Sono nato ad Iglesias e vivo a Liverpool. Insegno recitazione in particolare focalizzandomi sulle tecniche del clown, del bouffon e sull’utilizzo delle maschere nel teatro. Ho insegnato e fatto spettacoli in Italia, Francia, Spagna, Grecia, Inghilterra, Finlandia, Giappone, Nuova Zelanda, Australia, Taiwan, Singapore e Malesia.
N: Quando hai deciso di voler diventare un attore di teatro e performer
Quando ho iniziato adandare sul palco a Roma con i Bugiardini. Sono stato fortunato ad incontrare delle persone che mi hanno stimolato a crescere ed insegnato ad amare quello che faccio.
N: La prima volta davanti ad un pubblico
Credo che fosse il saggio di primo anno della scuola di improvvisazione Verba Volant a Roma. Ricordo che ero molto agitato prima di salire sul palco, ma una volta iniziato lo spettacolo l’adrenalina ha rimesso tutto a posto. Stare sul palco e’ quanto di meglio possa esistere, tutto e’ possibile, si possono vivere duecento vite diverse, sconfiggere le leggi della fisica, morire e risorgere e fare cose belle o orribili che nella vita reale non faremmo mai. Ma tutto per gioco.
N: Simone Tani tra Accademia,studi e Sperimentazione personale
Dopo gli studi mi sono trasferito da Iglesias prima a Milano e poi a Roma. Per un breve periodo a Milano ho iniziato a studiare Improvvisazione Teatrale con Teatribu’ ed ho proseguito a Roma con Verbavolant. Con alcuni amici abbiamo fondato la compagnia di improvvisazione teatrale i Bugiardini.Quando abbiamo avviato la compagnia, in Italia l’improvvisazione era quasi esclusivamente concentrata sul format del Match di Improvvisazione Teatrale, che ha avuto anche gloria sul piccolo schermo grazie alla RAI. Come compagnia avevamo l’esigenza di trovare format alternativi e cosi’ abbiamo iniziato una sperimentazione che consisteva sia nel provare nuove strade che nel confrontarsi con quanto altre compagnie stavano facendo sia in Italia che all’estero. Abbiamo lavorato sia sulla narrazione di storie completamente improvvisate che su format piu’ orientati verso la comicita’ e l’intrattenimento. Dopo essermi trasferito all’estero sono sempre rimasto in contatto con la compagnia, che considero una seconda famiglia e mi ha fatto molto piacere vedere che il loro continuo lavoro teso sempre a migliorarsi e sperimentare li abbia portati a creare “Shhh! Il film muto improvvisato” che recentemente ha vinto il sell-out award al Fringe di Edinburgo e “Blue, il Musical improvvisato” che ha avuto un grande successo di pubblico al Teatro Nuovo a Milano ed in tour in tutta la penisola. Nel 2011, dopo una residenza di 5 mesi al Loose Moose Theatre a Calgary in Canada ho iniziato a studiare clown e bouffon e mi sono iscritto alla Ecole Philippe Gaulier a Parigi, una scuola teatrale fondata e diretta da un noto allievo di Jacques Lecoq. Dopo essermi diplomato mi sono spostato in Inghilterra dove con altri 4 amici che hanno studiato con Gaulier abbiamo fondato Teatro Pomdoro: 5 attori di 5 nazionalita diverse (Italia, Spagna, Inghilterra, Canada e Giappone). Scriviamo i nostri spettacoli da zero, nella nostra sala prove.
I nostri spettacoli usano un mix di stili teatrali. Abbiamo un rapporto molto diretto con il pubblico, senza il cosidetto fourth-wall (il muro invisibile tra il pubblico che osserva e gli attori in scena). Il nostro materiale e’ disegnato per essere comico e grottesco e con l’obbiettivo di provocare il pubblico. Lavoriamo su tematiche come la xenofobia, il razzismo, il sessismo ed a volte capita che il pubblico si interroghi perche’ stia ridendo o se sia giusto ridere di una determinata scena. Per riuscire a sviluppare questo tipo di relazione con il pubblico il lavoro in sala prove e’ importante ma e’ solo davanti al pubblico che riusciamo a capire come e quanto funziona, quindi parte del nostro percorso di sperimentazione consiste nel rielaborare il materiale dopo averlo mostrato ad un pubblico. Nella creazione di un nuovo spettacolo mi piace partire con un’idea semplice, una suggestione ed avere la possibilita’ di sperimentare qualisasi possibilita’ anche solo leggermente in relazione con il tema e vedere dove il processo creativo porta. A volte il risultato finale e’, o sembra essere, quasi diametralmente opposto al punto di partenza, ma l’unica cosa che conta e’ se quanto si e’ prodotto sia valido per me e per il pubblico.
N: Un tuo progetto difficile…..
Cabaret From The Shadows e’ stato un progetto difficile perche’ e’ stato il primo spettacolo della compagnia Teatro Pomodoro. Inizialmente il cast era di 7 attori, abbiamo scelto di dare a tutti e 7 uguale voce in capitolo per la creazione delle scene. Benche’ il risultato sia uno spettacolo che ha riscosso molto successo, vincendo anche un premio al Fringe di Brighton, la difficoltà’ di creare uno spettacolo da zero, cercando di mediare tra 7 sensibilità’ artistiche diverse e’ stata molto grande. Dopo le prime due versioni il cast si e’ ridotto a 5 e ci siamo avvalsi della collaborazione di alcuni registi che ci hanno aiutato ad affinare lo spettacolo. Cabaret From The Shadows ha un taglio satirico.Cerchiamo sempre di giocare con un equilibrio precario tra intrattenimento comico e provocazione. Interagiamo molto con il pubblico ed a volte mettiamo il pubblico in una situazione scomoda in cui chi guarda si sente implicato in qalcosa di malvagio. Ci sono momenti dello spettacolo creati ad arte per mettere il pubblico in una posizione in cui non sa se ridere, offendersi, sentirsi in colpa. Il piu’ delle volte questo tipo di momenti e’ molto difficile da pianificare mentre si e’in sala prove ed e’ necessario prendere il rischio di testare il materiale davanti al pubblico senza essere certi dell’effetto generato. A volte delle parti che noi pensavamo fossero molto leggere ed innocenti sono state percepite come molto rischiose e viceversa.
N: Parlaci delle tue Maschere
Quando ho iniziato a studiare improvvisazione teatrale, il primo libro che ho letto sull’argomento e’ stato Impro di Keith Johnstone, che contiene un capitolo sulla trance indotta dall’utilizzo delle maschere. Sono rimasto affascinato dalla possibilita’ di essere completamente trasformati semplicemente usando una maschera, come se si trattasse di una magia. Approfittando del fatto che Keith facilitava un laboratorio di improvvisazione a Londra nel 2009, sono andato a studiare con lui e successivamente con Steve Jarand che prosegue e sviluppa il lavoro di Keith con le maschere. Chi indossa una maschera diventa in genere una creatura diversa, un essere umano le cui caratteristiche diventano piu’ vive ed ingigantite. E’ come vedere un bambino di due anni nel corpo di un adulto. Tutto diventa nuovo, intenso, eccitante, fonte di nuove scoperte per chi indossa la maschera ma anche per chi osserva. In parte questo succede perche quando indossiamo una maschera ci liberiamo di molti freni inibitori. Rappresentando qualcuno di diverso da noi (indossiamo un’altra faccia) non ci curiamo delle conseguenze e tutto ci sembra possibile. Nel corso degli anni ho approfondito lo studio delle maschere con Steve Jarand ed ho iniziato sia a creare le mie maschere (in carta pesta o materiali plastici). Quando insegno rimango ancora stupito come sia possibile vedere una persona completamente trasformata quando indossa una maschera, poi vederla ritornare se stessa e poi vedere la stessa persona con una maschera diversa diventare una creatura ancora completamente diversa. Un altro fatto strabiliante e’ che lavorando con le maschere si nota come il corpo memorizzi una quantita’ enorme di informazioni anche per lungo tempo. E’ abbastanza comune provare una maschera magari per un breve workshop e trovare istintivamente un personaggio con una determinata postura, movimento e voce. Ho visto piu’ volte una persona provare a distanza di un anno la stessa maschera e ritrovare esattamente la stessa postura, tipologia di movimento e voce, come se si trattasse di un’identita distinta dalla propria e non fosse intercorso neanche un minuto. Credo che le maschere ci insegnino che abbiamo molte piu’ risorse di quanto creiamo. Quando siamo bambini abbiamo possibilita’ quasi infinite, risorse innumerevoli. Piu’ cresciamo piu’ queste possibilita’ e risorse sembrano limitarsi, anche per i limiti imposti dalla societa’ in cui viviamo. Le maschere sembrano riportarci a quello stato di grazia di quando eravamo bambini e tutto era possibile,
N: Che ruolo ha la musica nel tuo lavoro ?
Il mio punto di partenza in genere sono le immagini, creare una particolare immagine sul palco mi porta poi a costruire tutto quello che sta prima dopo ed intorno a quella particolare immagine. In genere l’ispirazione per una immagine o atmosfera viene dall’ascolto della musica, quando sono a casa.
N: I 5 artisti/attori/perfomer che ti hanno cambiato la vita
Pink Floyd, Vinicio Capossela, Philippe Gaulier, Keith Johnstone, David Lynch
N: Come tanti sei partito, hai attraversato il mare, come vedi la tua terra oggi ?
La vedo con molta nostalgia come un posto meraviglioso, magico. Purtroppo vedo anche l’enorme difficolta’ di poter sopravvivere per un artista. Questo e’ vero in Italia ed in particolare in Sardegna. In Inghilterra ad esempio e’ relativamente facile accedere a finanziamenti a fondo perduto per creare progetti artistici, e’ piu’ semplice attrarre pubblico a spettacoli teatrali ed e’ molto facile ed economico aprire un’azienda o associazione con fini artistici. Nessuno ti regala niente, ma hai almeno degli strumenti che puoi utilizzare per trovare la tua strada. Spero che qualcosa possa migliorare in futuro da questo punto di vista perche’ penso che ci siano tanti artisti validi in Sardegna che meriterebbero di avere un ambiente favorevole per sperimentare e creare. Guardo sempre con ammirazione agli artisti che sono rimasti in Sardegna e sono riusciti a ritagliarsi il proprio spazio sulla scena nazionale ed internazionale. Mi pare un’impresa titanica.
N: Esalta nootempo.net e salutaci con il tuo stile
Aver conosciuto Nootempo per una serie di coincidenze e grazie ad un incontro fortunato a migliaia di Km dalla Sardegna mi ha aperto un mondo. Una montagna di cose nuove da scoprire e progetti musicali che avevo dimenticato e che ritrovo con piacere a distanza di anni. A presto e “Stay beautiful”.

 

 

 

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