Intervista analogica. Tra teatro e poesia la Scrittura Densa dell’autore Alessandro Galli

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“Parlavo poco ed ascoltavo parecchio e star seduto su una poltrona o su una gradinata a sentire, a guardare,  capire quello che facevano persone su un palco, mi ha entusiasmato sin dalla prima volta che mi è capitato di poterlo fare”. Così si racconta Alessandro Galli, descrivendo il suo approccio al mondo del Teatro. Certo un personaggio che ha fatto del teatro la sua vita e della vita il teatro nel quale muoversi. E’ dal palcoscenico della realtà che nascono i personaggi delle sue opere, mai banali o scontati. Uno studio continuo e l’instancabile curiosità del nuovo, il gusto di una ricerca del “linguaggio-immagine”, producono non semplici rappresentazioni di intrattenimento, ma raffinate “Pause meditative” divertenti e intense .

Intervista a cura di Rita Onida Orecchioni Vargiu

N: L’Arte del saper comunicare
É un tema che mi appassiona. E non potrebbe essere diversamente, a rigor di logica. Viviamo in un mondo di parole di cui spesso si ignora la provenienza, l’origine e finanche il senso. Dovremmo essere dei comunicatori eccellenti mentre la realtà verte assolutamente in senso opposto. Questo perché la comunicazione che – pur senza rendercene conto – usiamo e comprendiamo di più è quella non verbale. Da scrittore di parole ne uso a migliaia, ma la comunicazione la affronto in altri modi. Un esempio: se devo comunicare senso di angoscia o di claustrofobia o di allegria o di quel che volete, le parole che metto in bocca ai personaggi saranno ovviamente differenti ma ciò che varia davvero è la modalità di espressione, i tempi di pausa, le posture, gli sguardi dei protagonisti. A volte anche soltanto l’accentanzione di una frase. E poi ci sono i livelli di comprensione di chi ascolta. Scrivendo, spesso, non ho in mente il pubblico. Cerco nelle immagini archetipiche più profonde, nei mattoni fondamentali di ciò che sono e, in sostanza, siamo tutti. Quando la sensazione che sento perde (sì, perde) forma e definizione allora, e solo allora, cerco le parole per definirla. Sono termini semplici, che danno un senso quotidiano a ciò che è viscerale, intrinseco a tutta la specie umana . Avere tra le mie passioni la lettura di testi “sacri” di ogni religione e filosofia, la curiosità per il misticismo e l’alchimia, simbologia e campi affini mi porta a mettere in parallelo questi argomenti per poter semplificare l’espressione di un concetto senza perdere la noce del tutto. In definitiva, e andando a sfiorare la banalità, comunicare resta un profondo conoscersi, senza il quale è pressappoco impossibile trasmettere qualcosa, qualunque cosa, in maniera cosciente e consapevole, agli altri.

N: Quali mezzi ritieni siano più efficaci per ” influenzare” la Società attuale?
Influenzare la società è estremamente semplice, avendone i mezzi. Lo sapevano Orwell, Welles, Worhol. Lo sapevano coloro che hanno pensato alla radio e alla televisione come media. Lo ha sempre saputo la Chiesa cattolica, così come lo sa chi fa politica. Lo sapevano i Romani e, in definitiva, tutti coloro che hanno in qualche modo dovuto controllare e gestire masse enormi di persone. Nel corso della storia le forme sono cambiate ma la sostanza no. Parlare da un pulpito, da uno schermo, da un balcone o da un palco ha sempre agito come uno spargere idee più o meno superficiali sulle teste delle persone. Più è grande la platea più superficiali devono essere le idee. Il “mezzo” migliore è ovviamente la società stessa. Inserire metodi di comportamento seriale e privo di responsabilizzazione all’interno della società fa in modo che essa influenzi se stessa sempre più alle radici, paradossalmente perdendole. Il buonismo, il politicamente corretto, l’illusione di poter esprimere un’opinione su ogni settore dello scibile, l’uguaglianza scriteriata sostituita alla reale natura, dove qualcuno può fare qualcosa e qualcun altro no, senza dover prendere cappello di fronte alla diversità connaturata ed arricchente del genere umano. Ecco, istillare concetti come questi – e molti altri – all’interno del tessuto stesso sociale equivale non soltanto ad influenzare la società ma a plasmarla secondo un preciso contorno. Di contro, tanto per lenire questa valanga di cinismo appena riversata su chi leggerà, il metodo fondamentale resta la comunicazione. Quella da persona a persona, per lo stesso principio prima descritto, se una platea è ridotta si potranno comunicare concetti ed idee sempre più profonde e sempre più in-formanti. In sostanza: influenzare la società è scopo di chi deve gestirla, nel bene e nel male. Comunicare con gli individui è interesse di chi non vuole essere gestito. Nel bene e nel male.

N: Il tuo concetto di Teatro

Mi viene da sorridere, non per scherno, sia chiaro. il mio concetto di teatro è che è teatro. Serve a comunicare. Cosa? Un po’ tutto. Tutto ciò che chi lo fa (scrive, dirige, recita…) vuole comunicare. Morale, amorale, sacro, blasfemo, politico, sociale, frivolo, divertente, dissacrante. Tutto. Il valore è nel farlo bene. Non ho una formula od un limite nel considerare quel “bene”. Ho assistito a commedie leggere messe in scena meravigliosamente sotto ogni punto di vista. Fatte “bene”. Ho visto classici intramontabili portati a teatro con una inadeguatezza al limite del disagio. A volte oltre quel limite. Ma vale anche l’opposto. Lo stesso dicasi per le modalità di messa in scena. Avanguardie, classicismi, rivoluzioni sperimentali. Ammesso e non concesso che ci sia ancora qualcosa da sperimentare che non sia la reale bravura di chi allestisce uno spettacolo, quello che vedo riesce a comunicarmi qualcosa? Poi parliamo del resto. Se poi la domanda era quale sia il “mio” concetto di teatro, cioè di quello che faccio io…posso dire solo questo: teatro classico, di parola, essenziale, scarno, divertente. Nella forma. Nella sostanza è quanto di meno divertente possa esserci, in senso etimologico. Quello che scrivo non vuole di-vertere, cioè portare altrove, al contrario l’intenzione è quella di arrivare alla fine dello spettacolo con le persone in sala intente a capire se quello che hanno appena finito di vedere sia in qualche modo qualcosa che appartiene loro profondamente.

N: Il tuo rapporto con la Poesia
Ancora una volta devo tirare in ballo Leonardo (Onida). Il mio rapporto con la poesia è sempre stato da conoscenti che non si frequentano poi così tanto. Come una famiglia che si riunisce solo per le feste comandate. Da quando nel 2010 venni chiamato per la prima volta ospite ad Ottobre in Poesia, a Sassari, le cose sono cambiate. Leonardo mi ha permesso di conoscere poeti e soprattutto persone che sono poesia. Ho iniziato a fare un’esperienza carnale della poesia. Non posso definirmi un conoscitore. Ne ho scritte, di poesie, come un po’ tutti. Nei diari, nei momenti tristi, da adolescente. Ma la Poesia è altro. E guardando chi la vive a
tutto tondo credo di aver capito che la poesia non si capisce. O si vive o non si sa.

N: Essere “Attore”, “Regista”, “Scrittore”, chi metti al primo posto?
Senza nessun dubbio: scrittore. Qualunque cosa voglia significare. Quando ho un’idea penso in automatico a come renderla per iscritto, alle parole da usare, ai suoni da inserire. E qui, solo dopo, divento regista, cioè colui che rielabora, dà una forma tridimensionale ad un testo scritto. L’attore – casomai potessi definirmi attore – viene molto dopo, ad opera quasi conclusa. La quarta dimensione, il tempo. Divento attore nel senso stretto: agisco.

N: Essere “Magister”
Ne ho avuti, di “Magister”. E riconoscerli è una delle cose più intense della vita di chiunque. Sapere che si ha sempre da imparare e scoprire che c’è qualcuno da cui attingere. Nessuno dei miei maestri si è mai definito maestro. E credo sia la prima cosa che un Maestro vero conosce.

N: Descrivi il luogo nel quale nascono i tuoi Personaggi
Fossi poeta direi che i miei personaggi nascono su una scrivania illuminata a stento o nelle camere più recondite della mia anima. Se fossi poeta. Ma non lo sono e molti dei miei personaggi nascono quando mi accade di guardarmi dal di fuori, cercando di capire se ciò che penso è giusto o no. In fin dei conti la stragrande maggioranza dei miei personaggi sono nati per darmi torto. E ci sono quasi sempre riusciti.

N: La tua città, come la vivi e come lei vive te?
La mia città natale è Roma. Come si vive Roma? Sono più di duemila anni che si cerca una risposta senza trovarla. Roma ti vive. E spesso t’ammazza. È come essere figli d’arte con un cognome ingombrante. O sei forte o diventi un “romano” stereotipato, un luogo comune con le gambe. Io le gambe le ho usate per andarmene da Roma, in provincia. Ora la sopporto meglio. E, casomai, ci torno volentieri.

N: Elenca i cinque personaggi che ti hanno influenzato
Escludo i familiari. Pirandello per la curiosità analitica primordiale; Garcia Marquez per le atmosfere tra la magia e la carnalità; Pasolini per la lungimiranza, il desiderio di approfondire tutto quello che sembra semplice a prima vista; Francoise Ozon per la capacità di inserire commedia e tragedia nello stesso fotogramma senza far perdere spessore all’una e all’altra; Samuel Beckett per il solo motivo di essere nato. Gli altri cinquecento per ora li ometto.

N: Che ruolo ha la Sardegna nel tuo lavoro?
Da un paio di anni ha un ruolo primario. Nel momento in cui ho iniziato a collaborare con Leonardo Onida ed il PoP ho intensificato le visite. Almeno una volta al mese da un anno in qua. Spettacoli, laboratori, stage, eventi coprodotti. Qualche volta il mare. Ma giusto qualche volta. E poi mia madre è Sarda. Quindi direi che il ruolo della Sardegna è fondamentale, per me, anche al di là dell’aspetto lavorativo.

N: Proponici un breve saggio tratto da una tua Opera e allega un’immagine che ti rappresenti
Difficile trovare qualcosa che possa essere esauriente. Ci provo. Quello che segue è uno dei dialoghi di “Compagnia densa”, la scena è al tavolo di un bar; un ragazzo sta cercando di scrivere una lettera ad una certa Lenora. Mentre è intento a farlo un passante evidentemente sopra le righe si siede al suo tavolo interrompendo, sempre più invadente. Qui siamo a pochi minuti dopo l’inizio dello spettacolo.NB: le battute in corsivo sono il testo della lettera che il ragazzo sta cercando di scrivere.

RAGAZZO
…Senza l’aria, ecco come mi sento…

il passante tira fuori dalla tasca un rocchetto di filo ed un ago, con i quali si mette a fissare un bottone alla giacca …preso per le vertebre dal ricordo e trasportato via, in ogni posto dove vedo un tuo baluginare, un tuo sospiro, ché mi resta solo questo, e mento mentre lo penso, perché di te mi rimane ogni momento ed ogni cosa. Mendico un abbraccio ma so già che le mie braccia non …

PASSANTE
Che peccato! Sentire parole così dure… così dolorose… in bocca a un giovane come lei… eh… mi dispiace, sa?

RAGAZZO
… dispiace a me doverle condividere con lei !

entra il cameriere e si siede allo sgabello, cominciando a suonare la chitarra

PASSANTE
Ma no! Non si preoccupi per me! Io sono consapevolissimo che queste sono storie sue. Non potrei partecipare al suo dolore nemmeno se volessi, benché l’empatia non mi difetti…

RAGAZZO
…nemmeno quella…

PASSANTE
…perché? Ha notato altri lati del mio carattere che emergono? In così poco tempo?! Ma allora non è uno scrittore…

RAGAZZO
…No!…

PASSANTE
…lei è un grande scrittore!!! Magari ho letto qualcosa di suo… mi dica dei titoli, dica!…

RAGAZZO
Senta: io non sono uno scrittore. Non ho mai scritto un libro. Sto solo cercando di scrivere…

PASSANTE
Ho capito, ho capito! lei è uno scrittore! Questa, guardi, è una coincidenza straordinaria! Pensi che io lavoro in banca!…

RAGAZZO (interdetto)
…e questa che coincidenza sarebbe, scusi?!

PASSANTE
Ma una coincidenza, appunto! Guardi, ne succedono a migliaia ogni giorno… non ce ne accorgiamo nemmeno… ma io sì!…

RAGAZZO
io non credo alle coincidenze!…

PASSANTE
…Come? Non crede…? non vede che questo mondo tutto è legato ad un disegno primordiale e unico?! non pensa all’universo come ad un organismo pensante che…non vede?

RAGAZZO
…No.

PASSANTE
…senta… Lei è uno scrittore, quindi è una persona famosa, ergo ha degli introiti non trascurabili, dunque ha un deposito in banca. E visto che la banca più grande della città è quella dove io svolgo le mie umili mansioni, lei è cliente della mia banca. Questo fa di noi due persone con molto in comune!

Il ragazzo rimane allibito osservando il passante

PASSANTE
Sì! Molto in comune! Pensi come è bello questo mondo pieno di sorprese! Adesso che siamo amici può chiedermi anche un favore, che ne so!, di alzarle il tasso d’interesse!…non che lo farei, anche perché non posso, e comunque non vorrei mai danneggiare la società per la quale lavoro! Eh! Siamo rimasti in pochi ad avere a cuore le sorti della società! Prenda me per esempio: non sono mai mancato un giorno!, né per malattia né… né per altro! Persino quando mia madre a
pensato di passare a miglior vita pensi che ho fatto spostare il funerale alla domenica, per non mancare alla funzione… Ma non siamo tutti così! C’è anche chi ha ancora il brutto vizio di usarmi. Sì! U-SAR-MI! Non è eccessivo!. Pensi che c’è stato persino chi voleva addirittura sposarmi per interesse?!… è pazzesco!!!!…
Ma lei stava scrivendo, quando sono arrivato… non vorrei distoglierla troppo, invece mi piacerebbe, con la mia storia essere la musa ispiratrice di un grande scrittore…

RAGAZZO (esasperato)
Nooo!!!

Il cameriere, impaurito dall’urlo del giovane, si alza ed esce

…non sono uno scrittore! Non ho mai scritto un libro! Sto solo cercando di scrivere una lettera! Punto! …Senza l’aria, ecco come mi sento, preso per le vertebre dal ricordo e trasportato via, in ogni posto dove vedo un tuo baluginare, un tuo sospiro, ché mi resta solo questo, e mento mentre lo penso, perché di te mi rimane ogni momento ed ogni cosa. Mendico un abbraccio ma so già che le mie braccia non potrebbero mai esser così forti da non lasciarti andar via, perché sei andata via, vero?…

PASSANTE (sognante)
…come è melodiosa questa malinconia!sa… queste storie d’amore sofferte mi commuovono sempre… a lei non capita mai di commuoversi?

RAGAZZO (rassegnato)
Sempre!… di fronte all’ottusità piango. Disperato!

N: Progetti nell’immediato?
Durante il festival (Ottobre in Poesia) avrò il piacere tra le altre cose,di presentare l’ultimo libro di Giuseppe Cristaldi, “Nel nome di Ieri”, quando a fine mese tornerò a casa sarò subito alle prese con le prove di un monologo femminile scritto qualche anno fa – Un furgone di cioccolatini – che tornerà in scena a fine novembre a Firenze con protagonista Debora Daddi, bravissima attrice toscana, poi sempre a Firenze dall’anno prossimo ricomincerò laboratori mentre sarò in scrittura di un altro monologo sempre femminile, basato su un racconto breve di una autrice siciliana esordiente, Consuelo Costa. Altri testi sono in definizione ed altri impegni li avrò da qui a fine anno tra Lazio, Veneto, Toscana, Puglia e, ovviamente Sardegna.

N: Dove troviamo notizie su Alessandro Galli?
Escludendo l’ufficio delle entrate tutto ciò che mi riguarda, più o meno artisticamente, lo trovate su facebook, sul mio profilo personale https://www.facebook.com/alessandro.galli.167) . Se poi c’è qualche curioso che vuole dare un’occhiata alla pagina di un mio personaggio “gestita da lui” allora vi consiglio di cercare Noe Gitano. Un tipo particolare…Ho deciso di chiudere il sito perché da bravo ossessivo perfezionista non avrei mai ottenuto ciò che mi piace.

N: Esalta la nootempo.net, salutaci con una citazione
Un saluto ed un ringraziamento di cuore a nootempo.net, sia per l’intervista che mi fa piacere aver rilasciato che, soprattutto, per il bel lavoro di controinformazione” che fa da queste pagine web. Essendo una sorta di maniaco di quelle che a teatro si chiamano “chiuse” non posso esimermi dal cercarne una coerente ed adeguata anche qui…

THOMAS-
che ne sai di quanto tempo hai?

NOE-
non lo so. Ma anche se non dovessi arrivare solo a domattina preferisco non morire sudato.

(…) da “Normalmente faccio altro” – che tra l’altro è un racconto che sto scrivendo.

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