EXXXTRA SPECIAL INTERVIEWS. Guglielmo Pagnozzi, talkin’ all that jazz e una vita dedicata all’arte. a cura di Martino Vesentini

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Foto di Daniele Franchi

In questa puntata di EXXXTRA SPECIAL INTERVIEWS incontriamo un Virtuoso musicista, un king del Clarinetto e del Sax, classe 1970, bolognese. Un curriculum denso di progetti e collaborazioni, non solo in campo musicale. Un’Artista, con la A maiuscola. E’ un vero onore per noi ospitare nello spazio di NOOTEMPO un grande come Guglielmo Pagnozzi. Quindi non fate i pigri , fate una Buona e sana lettura! 

 

Come sei entrato in contatto con la musica? C’è un momento particolare della tua vita in cui hai capito che volevi diventare un artista?

Avevo 5 anni quando, visitando una mostra al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, rimasi folgorato dalla potenza dell’arte del pittore Antonio Ligabue. Immediatamente mi fu chiaro che da quel giorno avrei dedicato la mia vita all’arte. Il mio percorso artistico comincia dall’arte visiva, in particolare il disegno che studiai fino all’età di 16 anni; in quel momento ero lanciato verso una carriera di Cartoonist ma poi arrivò la musica, in particolare il clarinetto. Diciamo che per motivi personali smisi di disegnare e mi ritrovai con un vuoto interiore enorme da colmare, e lo feci con la musica.

In realtà la musica mi aveva accompagnato fin da piccolo in quanto mia madre era appassionata di Jazz e metteva sempre su i dischi di Chet Baker, Nina Simone, Gerry Mulligan e Billy Holiday. Naturalmente le lunghe ore passate a disegnare diventavano anche lunghe ore di ascolto musicale, principalmente Jazz e Musica Classica, Barocca in particolare, ma anche qualche cantautore come Lucio Dalla ed Enzo Jannacci, che adoro tuttora. In questo universo musicale che mi avvolgeva quotidianamente, il suono del clarinetto esercitava su di me un’attrazione sempre più forte, così decisi di prendere lezioni private. Mi trovai immediatamente a mio agio con quello strumento e in poche settimane già ero in grado di strimpellare i primi semplici blues con gli amici del Liceo. Da lì in poi ho abbandonato il disegno e mi sono consacrato alla musica.

Qual è stato il tuo percorso di studi in ambito musicale?

Il mio percorso è stato veloce e precoce, a 16 anni iniziai con le prime lezioni private di clarinetto, dopo un anno passai al sax alto e a 18 feci il primo concerto Jazz a mio nome. Poi, attorno ai 20 anni, ho frequentato i corsi estivi di Siena Jazz dove ho avuto modo di incontrare i musicisti con i quali avrei suonato nei 20 anni a venire. A 23 anni conobbi Steve Lacy, il mio vero e definitivo maestro, e per qualche mese feci il pendolare tra Bologna e Parigi per studiare con lui.

In definitiva io non ho seguito un vero e proprio percorso accademico, ma ho costruito un percorso di studi fatto di alcuni maestri selezionati e ,soprattutto, di tantissima musica suonata, in quanto ho sempre creduto fermamente che quest’arte la si impara sul campo, suonando con musicisti più bravi di te, ed è quello che ho sempre cercato di fare e che continuo a perseguire. Ritengo che un vero percorso di studi nella musica non abbia fine, dipende solo dalla curiosità intellettuale e creativa di chi lo percorre, io ad oggi continuo ad ampliare i miei orizzonti studiando nuovi strumenti, tecniche, argomenti e materie, non solo in ambito musicale, per arricchire il mio bagaglio artistico, intellettuale ed espressivo.

Il tuo nome è legato ad uno dei dischi più iconici della galassia Hip Hop in Italia, “SXM”, per cui non posso esimermi dal farti almeno una domanda su questo. Come nacque il contatto con i Sangue Misto? A distanza di quasi 30 anni c’è un ricordo che ti lega a quella registrazione o qualche aneddoto particolare che puoi raccontarci?

Il contatto con Sangue Misto si è generato da solo, nel calderone della Bologna di inizio anni ’90. Tutti noi artisti eravamo già rete, perché condividevamo spazi come l’Isola nel Kantiere, poi il Link di via Fioravanti ed il TPO di via Irnerio. Ci conoscevamo tutti, era pertanto assolutamente naturale collaborare tra di noi. Ai regaz in particolare serviva un sax jazz un po’ sperimentale, e chi meglio del Pagnoz? Mi vengono in mente aneddoti divertenti  ma forse sarebbe meglio condividerli in privato!

Hai un curriculum artistico fittissimo di progetti e collaborazioni, ma ad un certo punto hai deciso di fermarti per qualche anno, in una sorta di ritiro volontario dalle scene.  A cosa è stata dovuta questa decisione?

E’ stata una decisione forzata, o forse no, è stato un atto dovuto. Comunque è legata ad un lutto che mi ha colpito in maniera molto profonda e mi ha obbligato a rifare da capo i conti con la mia vita. E’ stato molto naturale per me togliermi dalla mischia, anche se ho dovuto rinunciare a delle splendide opportunità come un tour mondiale con una compagnia teatrale molto importante e un mese a Cuba a suonare jazz con una fantastica orchestra cubana. Devo dire che, se il tempo si potesse riavvolgere, rifarei tutto esattamente nello stesso modo, perché ho sempre messo davanti la vita all’Arte, anche se è l’amore per l’Arte che mi mantiene in vita.

Oltre alla musica hai avuto varie esperienze in teatro, sia come compositore che come autore, ed hai recitato in un film del 2020 di Giorgio Dritti, “Volevo Nascondermi”. Cosa ti danno queste incursioni al di fuori del palco? Quanto ti stimolano queste esperienze al di fuori della tua “Comfort Zone”?

Anche se ho messo la musica al centro del mio percorso, in realtà io mi sono sempre sentito un artista tout court,  non specializzato. La musica è lo strumento espressivo che conosco meglio, ma il teatro, per esempio, mi ha sempre appassionato e coinvolto, come musicista e come attore, fin da ragazzo; e poi fin da subito ho cercato di suonare il mio sax nei contesti “paralleli” come mostre d’arte, sonorizzazioni di film muti o sperimentali, reading di poesia fino al Teatro Situazionautico negli anni ’90. Insomma, si può dire che la mia “comfort zone” sia molto ampia e mi trovo benissimo nel contaminare, ma soprattutto nel farmi contaminare dagli altri linguaggi artistici. L’Arte alla fine è una sola.

Hai collaborato con una miriade di artisti diversi, da Paolo Fresu a Roy Paci, passando per Lester Bowie, Giorgio Conte e Jovanotti, solo per citarne alcuni. C’è una di queste combo che ricordi con particolare affetto, o un artista con cui il feeling sul palco si è trasformato in magia?

Per prima cosa ci tengo a precisare che non ho mai collaborato con Jovanotti, ma ho semplicemente portato la mia Band a lavorare nel suo spettacolo. L’ho fatto solo per questioni economiche, in quanto la vita del musicista che non si allinea non è proprio una passeggiata di salute da questo punto di vista. Ci tengo a precisarlo perché, con tutto il rispetto, il mondo di Jovanotti e tutto ciò che rappresenta è esattamente la nemesi del mondo al quale io appartengo. Detto questo devo dire che i momenti di magia sul palco con i meravigliosi musicisti con cui ho avuto l’onore e la fortuna di suonare sono stati tantissimi, ma quelli più belli che rimarranno per sempre scolpiti nel profondo sono quelli che ho condiviso con i miei amici e compagni di viaggio del Voodoo Sound Club, oltre a quelli vissuti con il Laboratorio Sociale Afrobeat.

Se potessi scegliere di duettare con qualche artista Jazz del passato, anche già scomparso, su chi ricadrebbe la tua scelta?

Che bella domanda! Così di getto, il primo che mi viene in mente è Mal Waldron. Confermo, Mal Waldron!

Ti va di parlarci di due progetti più recenti come il “Corso di Educazione Musicale per il Pubblico” e l’”Almanacco – #Home Movies100”?

Il “Corso di Educazione Musicale per il Pubblico” si inserisce nel solco degli esperimenti didattici sul territorio che dal 2012 porto avanti a Bologna insieme all’Associazione ABC e al Laboratorio Sociale Afrobeat. Con questo corso ho voluto provare a colmare un vuoto nell’offerta culturale sul territorio, l’idea è quella di dare a chi non ha mai studiato musica gli strumenti di base per sviluppare un ascolto della stessa più critico e consapevole.

Il progetto ”Almanacco – #Home Movies100” è invece un bellissimo progetto che grazie ad Home Movies  – Archivio Nazionale del Film di Famiglia mi vede coinvolto in prima persona. Dal primo gennaio al 31 dicembre 2023, una programmazione web quotidiana vedrà la pubblicazione di un film o un estratto d’archivio girato in quello stesso giorno nel corso del secolo breve del cinema in formato ridotto con le mie musiche originali. Si tratta di comporre una media di un pezzo al giorno per quasi un anno, un progetto monumentale, una sfida appassionante che mi sta dando tantissimo in termini di stimoli ed ispirazione, insomma quello che ci voleva per migliorarmi come compositore.

L’arte ti ha permesso di viaggiare, ma in qualche modo il tuo nome è legato indissolubilmente a Bologna. Che rapporto hai con la tua città, quanto ti senti di averle dato e quanto credi di aver ricevuto in cambio?

Con la mia città ho un legame profondo, io appartengo a Bologna, le do tanto e lei mi da tanto. Nonostante questo è un legame che ho messo più volte in discussione ma che alla fine ho ritrovato con piena soddisfazione, credo e spero, di entrambi. Da Torino mi sono trasferito a Bologna all’età di un anno e sono cresciuto a Bologna, immerso nella cultura che dagli anni ’70 fino ai ’90 si è respirata qui.

Poi ho avuto un momento di “ripudio” delle mie origini e ho vagabondato un po’… per anni non mi sono più sentito davvero bolognese, ho vissuto anche per alcuni anni a Venezia, dove mi sentivo completamente a casa. Poi è cambiato qualcosa, ho ritrovato a Bologna il bandolo della matassa della mia vita e questa volta volontariamente, ho scelto la mia città. Quindi posso dire di appartenere a Bologna due volte, la prima per ragioni anagrafiche, ma la seconda per libera scelta.

In un’altra intervista di qualche mese fa hai dichiarato che tra 10/15 anni potresti lasciare definitivamente le scene, per ritirarti in un luogo come la Sardegna o la Sicilia. Che legami hai con queste due isole e perché senti il desiderio di voler cambiare vita una volta raggiunta la “pensione”?

Di tutti i posti che ho visitato nel mio nomadismo musicale e di vita alla fine la Sardegna e la Sicilia sono i due luoghi che mi hanno preso il cuore. Sarà che ho incontrato le persone giuste che mi hanno accolto come se mi stessero aspettando da sempre, sarà che sono terre forti e belle con un loro mood inconfondibile, sarà forse anche il clima dolce del Mediterraneo, i paesaggi antichi, la luce, il mare come si può vivere solo lì… Sarà anche il cibo? Non riesco a dare una risposta semplice e veloce, è anche una questione di destino, se ti innamori di una terra, o di una donna… In ogni caso so che  tra 10/15 anni, quando le mie ossa cominceranno a protestare per l’umidità che caratterizza la pur affascinante Bologna, mi imbarcherò e raggiungerò la mia isola nel cuore del Mediterraneo a far vita come gli antichi di Duemila anni fa.

Quali sono i prossimi progetti a cui prenderai parte?

La scadenza più vicina è la pubblicazione del nuovo album di Voodoo Sound Club per l’etichetta romagnola Cinedelic, per la quale andiamo in stampa in Maggio in formato vinile, al quale seguirà l’edizione digitale.Nel frattempo ho pubblicato per l’etichetta Setola di Maiale il mio album “Gentle Heartquacke”, che è il mio primo vero disco a mio nome, e non a nome di un gruppo.E’ un disco a cui tengo molto  perché rappresenta la visione più intima che ho della musica.

E  naturalmente la fucina creativa qui è sempre aperta e sono al lavoro su nuovi Sound in cui la voce prenderà sempre più spazio, sia come cantante jazz che con brani originali su cui sto lavorando.E in più sto cercando di portare avanti una mia produzione di videoarte che al momento si accontenta di accompagnare la mia musica sul web, come i video che ho realizzato per due brani di “Gentle Heartquacke”, ma punta a mostra personale in galleria spero entro un anno.

 

 

 

 

 

 

 

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