EXXXTRA SPECIAL INTERVIEW. Straight outta Genova, Le tecniche del producer Dj Kamo. A cura di Martino Vesentini

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Se ami il Rap Italiano ben fatto, e se negli ultimi mesi hai ascoltato un po’ di roba di Lanz Khan, Zampa, Brenno Itani, Albe OK, Armani DOC, Moder, Kento, Capstan, Mattak, Nardo Dee e non solo, perché forse la lista sarebbe davvero troppo lunga, beh ci sono buone probabilità che dietro molti di quei pezzi ci sia la mano (e l’orecchio) di DJ Kamo. Nato e cresciuto a Genova, trapiantato in Svizzera, talento cristallino, lo abbiamo beccato per fare quattro chiacchiere, tra una sessione in studio ed una serata da DJ.

 


 

Parto come sempre dall’inizio: qual è il tuo primo ricordo nell’Hip Hop?

Io nasco come DJ da piazza, per i breakers, un DJ da cerchio insomma. Erano i primi anni 90, conoscevo tutti i ragazzi che ballavano a Genova, girando con loro sono migliorato molto e col tempo sono diventato un po’ il loro DJ ufficiale.

E l’approccio al Giradischi come nasce?

Diciamo che nasce dalla mia passione per la Radio, ascoltavo il Deejay Time perché c’erano momenti particolari come il MegaMix di Molella o addirittura Prezioso che scratchava. Poi non è un segreto che Albertino fosse un fan del rap, per cui quando poteva ci infilava qualche pezzo nel palinsesto. Piano piano è cresciuta la passione per quel mondo, ho comprato molto presto i primi piatti un po’ scassati, avevo 12/13 anni e sfruttando le paghette cominciai a comprare i primi dischi, provando poi a metterli a tempo. Poi appena ho potuto permettermelo ho migliorato l’attrezzatura comprando i 1200.

C’è qualche DJ che ti ha particolarmente ispirato nel tuo percorso?

Quando ho scoperto l’Hip Hop ho avuto due folgorazioni: Double S in primis, lui è uno dei primi che ho sentito e ho amato da subito il suo stile, gli scratch tecnicissimi ma anche molto musicali, le sue selezioni, poi ho avuto la fortuna di conoscerlo e di lavorarci assieme tante volte. Lui mi ha dato un po’ l’impronta. Non posso però dimenticare DJ Poke, che per me è stato un vero maestro. Per farti poi un nome gigante in America ti dico DJ Premier.

Sei molto prolifico, specialmente negli ultimi mesi sono uscite davvero tante tue collaborazioni. Come nascono queste combo?

Io produco Beat in continuazione, ma ne escono in realtà davvero pochi rispetto a ciò che faccio. Mi piace sempre immaginare quale voce ci starebbe bene sopra una mia produzione, il timbro in particolare.A volte mi ritrovo in contatto con qualche artista con cui mi piacerebbe lavorare e mi metto all’opera per creare un Beat che si adatti alle sue caratteristiche, producendo un po’ “su misura”, se vogliamo. Io non vivo più a Genova da dieci anni ma all’estero, per cui la maggior parte del lavoro viene fatto sempre a distanza. Devo dire che per un bel po’ comunque ho abbandonato le collaborazioni per concentrarmi sul lavoro di DJ da club, diciamo dal 2013, dopo l’uscita del mio Producer-Album (“Changes”), fino al 2020. Ovviamente un po’ devo ringraziare la situazione che si è creata col Covid, perché con i Club chiusi e tutta la gente relegata in casa, ho ripreso a fare basi e a contattare artisti. Ora sono molto più concentrato sulla mia attività di Producer piuttosto che di DJ.

Qual è il tuo equipaggiamento da Studio?

Ho passato vari sistemi nel tempo, al momento sto usando tantissimo Logic, poi come sampler ho il Serato Studio. Ultimamente sto suonando davvero tanto, per cui uso una tastiera. Diciamo che sto cercando di abbandonare un po’ il campionamento, anche perché ho la fortuna di essere salito di livello di collaborazioni, per cui voglio evitare il più possibile problemi di diritti, licenze, ecc. Suono da autodidatta, perché non ho mai fatto studi specifici, ma ora sto cominciando a prendere lezioni di piano.

Poi ho la grande fortuna di avere amici che suonano e che mi danno un sacco di consigli, specie quando vado a Genova al Rooms Studio, con Eames, un grande artista con un grande orecchio, per cui dove non arrivo io fortunatamente c’è qualcuno che mi supporta e guida. Ho capito che da solo non andrei molto lontano, per cui spesso i Beats nascono da una mia idea, per poi essere rivisti e ri-arrangiati da altri. Collaborare così è davvero una figata.

Genova: anche se non ci vivi più, cosa significa per te?

Per me è la città in cui sono nato, dove ho vissuto i primi 33 anni della mia vita, la città dei miei ricordi, gli amici, i genitori. A Genova poi è nata AELLE, e ricordo bene quando eravamo ragazzini e facevamo le poste davanti alla sede della rivista, che poi era uno scantinato nei vicoli, per provare a vedere di incontrare SID e Paola, per lasciare le nostre cassettine. Aelle per noi era il Vangelo. Con SID poi ci siamo conosciuti e abbiamo collaborato per un progetto Radio qualche anno fa.

Devo dire che negli anni Genova è cresciuta un sacco, ai nostri tempi avevamo fatto il possibile per  farla conoscere, ma un grande merito lo hanno avuto i ragazzi della nuova generazione, loro hanno proprio alzato tantissimo il livello. Per me Genova oggi è da considerarsi una delle Capitali del Rap Italiano, ed io ne vado fiero. Ora non la vivo tutti i giorni, ma non sono poi così lontano, appena posso ci torno, tipo stasera ho una serata proprio li. Genova ultimamente ha attratto un sacco di artisti come ad esempio Principe, Mr. Phil e Joel, il fratello di Ensi e Rage. C’è un sacco di gente forte che vi si è stabilita.

Parliamo un po’ dei tuoi progetti in uscita?

E’ fresco di pubblicazione “Underdog”, un progetto di 5 pezzi di Akill Miami, un ragazzo di Genova molto giovane e già molto bravo, ci siamo trovati molto bene a lavorare insieme, è riuscito a scrivere e registrare sui miei Beat in tempo veramente breve. Abbiamo fatto anche due video quindi andateveli a vedere e ascoltate i pezzi, noi siamo molto contenti del risultato. Poi quest’anno arriveranno altri EP, questo diciamo che questo è solo un antipasto

Sono tanti i nomi che hanno messo le loro rime sulle tue produzioni, ma c’è ancora qualcuno con cui non hai ancora collaborato ma desidereresti farlo?

Diciamo che ce n’è più di qualcuno, sono un grande amante del Rap Italiano, per cui quando sento un giovane artista che mi piace faccio di tutto per riuscire a farci qualcosa assieme. Con uno non ho mai ancora azzardato a toccare l’argomento, ma mi piacerebbe davvero tanto. Lui è un’artista completo, che ho conosciuto e con cui ho parlato, ma non è ancora scattata la scintilla, ma mai dire mai. Sto parlando di Davide Shorty. Come ti dicevo amo il Rap, ma soprattutto quando c’è della musicalità, i ritornelli cantati, le basi con delle melodie. Forse è solo questione di allineamento delle stelle, sarebbe davvero figo.

Immagina invece di poter scegliere un’artista americano per una collabo, per chi opteresti?

Mi cogli un po’ alla sprovvista, diciamo che ci sono tanti artisti che mi piacciono, soprattutto della vecchia scuola, sarebbe bello poterli coinvolgere, ti dico ad esempio Common, che per me è stato fondamentale e che è scolpito nei miei ricordi. Però il Common di oggi non è quello che ascoltavo nei Novanta, per cui se proprio avessi carta bianca e un budget illimitato a disposizione ti direi questo nome: J Cole. Ce ne sarebbero tanti altri poi, ma lui sarebbe la mia prima scelta, perché rispecchia tanto quello che mi piace della musica.

 

 

 

 

 

 

 

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