EXXXTRA SPECIAL INTERVIEW. La rinascita del Funk Romano si chiama Romanderground.A CURA DI MARTINO VESENTINI

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ph L.Piermattei

In tempi in cui regna sovrano l’individualismo, rimango sempre affascinato da chi ha ancora il coraggio e la voglia di stare in gruppo con altre persone per creare qualcosa dal nulla. I Romanderground sono insieme da quindici anni e continuano la loro missione musicale, sfornando un nuovo progetto che loro stessi hanno definito “un disco motivazionale”. 11 tracce che raccontano la loro evoluzione, attraverso la ricerca della propria serenità interiore. Ascoltatele tutte, magari leggendo questa chiacchierata con Mister T e Prisma che ci hanno raccontato la loro rinascita.

Oggi è raro, vedere gruppi rap. E’ tutto incentrato sull’individualismo, sul ‘personaggio’ del momento. Noi siamo tra i pochissimi rimasti al giro in tutta la penisola. Ma siamo ancora qui e abbiamo ancora tanto da dire. 


Partiamo dall’inizio, quali sono stati i vostri primi passi nel mondo Hip Hop e come nasce il gruppo?

(Mister T)  Ognuno di noi ha una sua storia e un approccio diversi di avvicinamento alla cultura Hip Hop. A raccontarle una per una si andrebbe tanto indietro negli anni e la risposta a questa domanda diventerebbe quasi lo spunto per un buon libro. Per essere comunque molto ma molto sintetici, posso dirti che per tutti e tre l’avvicinamento all’Hip Hop è avvenuto nella seconda metà degli anni 90, anche se in contesti differenti.

Ognuno di noi ha avuto il suo percorso, la sua “iniziazione”. Uso questo termine perché forse in quegli anni, a Roma, entrare in questo mondo non era scontato, serviva davvero una “chiave”, e solo chi era dentro da prima di te poteva passartela. Poteva essere un disco, un mixtape oppure un tag su un muro o tanto altro ancora. Quella chiave apriva una porta attraverso la quale si entrava in un universo di codici da scoprire e decifrare: erano rime o tratti di una lettera o passi di break o frasi e discorsi che alle persone estranee erano incomprensibili. Decifrare questi codici era come scoprire giorno per giorno un aspetto nuovo di questa cultura. A 13 anni venirne a conoscenza, era anche scoprire se stessi attraverso una dimensione nuova e totalmente affascinante. Ognuno di noi ha avuto la sua chiave per entrare in questo mondo, la mia è stata l’ascolto di un disco che si chiamava “Odio Pieno”, di un gruppo che da allora ha cambiato la mia vita per sempre: i Colle Der Fomento.

La nascita dei Romanderground è avvenuta 11 anni dopo, nel 2008. Quegli anni ci sono serviti tutti per carpire il significato e l’essenza delle parole Rap e Hip Hop. Prima del 2008, in maniera individuale sia io che Prisma abbiamo lavorato a diversi progetti solisti intorno al 2005. Quello è stato il nostro vero inizio, musicalmente parlando. È servito per fare le nostre prime esperienze in studio o su un palco, per definirci ed esprimerci come rapper.

Dopo aver definito noi stessi ed esserci trovati perfettamente allineati sul tipo di musica che volevamo fare, sull’attitudine, sui concetti che volevamo raccontare e sullo stile da utilizzare, abbiamo deciso di unirci in un gruppo e portare avanti la nostra passione e “missione” insieme.

In questi quindici anni di attività siete usciti con un EP, due album e qualche collaborazione, quindi potremo definirvi non esattamente iper produttivi, cosa che vi accomuna ad un altro gruppo di punta della Scena Romana come i Colle Der Fomento. Come spieghereste questa cosa? Ha a che fare con Roma ed i suoi tempi o è solo una fatalità? 

(Prisma)  Non c’entra con i tempi di Roma e l’analogia con i Colle Der Fomento, forse, è solo una coincidenza.  Oltre all’ EP e i due album, abbiamo pubblicato anche 2 mixtape da indipendenti. I progetti ufficiali del gruppo sono cinque in totale, sicuramente pochi rispetto agli anni di attività svolti fino ad ora.

I motivi principali sono prevalentemente tre: il primo è che, sia io che Andrea, non facciamo solo musica nelle nostre vite ma abbiamo i nostri lavori al di fuori del rap, lui è un insegnante di musica, io un fonico di doppiaggio. Un altro motivo sta nel fatto che siamo estremamente precisi ed esigenti sia con noi stessi che coi nostri collaboratori quando lavoriamo a un brano. A partire dalla scelta del beat e dei suoni, alla stesura del testo, fino alla fase di registrazione e di post produzione, per noi è importante rasentare la perfezione, o almeno quella che consideriamo tale nei nostri standard. Spesso cestiniamo brani dopo averli riascoltati più volte e li ricominciamo da capo. Sappiamo che una volta uscito, un singolo o un album, è per sempre la fuori. Vogliamo che resti nel tempo e che anche riascoltandolo dopo dieci anni non stanchi mai. A parole sembra semplice spiegarlo, ma la realtà è che per raggiungere questo risultato, ci sono un’infinità di aspetti nella produzione di cui tener conto e non sempre si centra l’obiettivo.

Ultima, ma non meno importante motivazione per i nostri tempi lunghi, sta nel fatto che siamo fratelli di sangue: discutiamo spesso. A volte sono discussioni di natura musicale che ci portano su posizioni artistiche differenti. Lunghi stalli da cui usciamo solo dopo settimane o mesi. Altre sono discussioni di carattere umano ed emotivo, come si dice “Fratelli coltelli”, che spesso sono inutili e ci hanno rallentato più del dovuto. Nonostante questo ci vogliamo un gran bene, c’è amore e soprattutto una grande stima reciproca dal punto di vista musicale. “Palingenesi” per noi è anche il trionfo dell’amore e del rispetto che proviamo l’uno per l’altro. 

“Palingenesi” è il titolo del vostro album fresco di uscita e significa rinascita. Dove vi eravate persi? Com’è scaturita l’esigenza di scrivere nuovi pezzi? 

(Prisma) Non ci eravamo persi, ma eravamo alla ricerca di qualcosa di nuovo, qualcosa che potesse darci un’ identità più forte e che potesse andare a definire meglio il nostro Sound.  Per fare questo, abbiamo ascoltato tantissima musica, ci siamo rimessi in discussione, abbiamo scritto e cestinato decine di brani e alla fine, abbiamo raggiunto la “Palingenesi”.  Per dirla in un altro modo, siamo usciti faticosamente dalla nostra “Comfort Zone” musicale.  Con l’aiuto di Squarta e Gabbo siamo riusciti a staccarci da quella che è la scuola del Rap Romano, per cercare di creare un sound tutto nostro e questa volta, credo che ci siamo riusciti davvero.

Avete definito questo disco un lavoro a dieci mani, ossia le vostre sei alle quali si sono aggiunte quelle di Squarta e Gabbo. Com’è nata questa collaborazione? Siete arrivati in studio con i testi già pronti o le rime sono fluite sentendo i beat? 

(Mister T)  Lo abbiamo definito a dieci mani proprio perché è stato concepito e costruito tutto in studio da zero, insieme a Squarta e Gabbo. Prima di entrare non avevamo ancora ben chiaro quale sarebbe stata l’essenza o la forma del progetto. Con Sandro, ci eravamo solo fatti molti discorsi, in cui ci chiarivamo la necessità di cercare un sound tutto nuovo: nuove batterie, suoni e metriche su cui lavorare. Sapevamo che non volevamo assolutamente fare un “Amor&Odio parte 2”. Doveva essere qualcosa di nuovo che ci riidentificasse totalmente a livello artistico e personale.

Le nostre vite negli ultimi anni stavano cambiando molto, anche grazie a percorsi di ricerca interiore che ci hanno portato a scoprire aspetti diversi di noi stessi e della realtà. Avevamo capito che era proprio questo senso di rinnovamento e di crescita che volevamo raccontare nel nostro album. Era troppo importante per noi staccarci dalla cornice del Rap Romano, attorno a cui abbiamo gravitato per anni, per prendere una strada concettualmente diversa. Non volevamo più raccontare la società, i drammi, la pesantezza della vita e delle situazioni ingiuste o difficili. Abbiamo spostato l’attenzione sulla potenza dell’essere umano, sulle connessioni tra effetto e causa, tra sogno e realtà e sulla bellezza della vita. Abbiamo ascoltato tantissima musica straniera, anche con Squarta e Gabbo, per capire quale fosse la linea sonora a cui ispirarci.

I processi creativi, che hanno dato vita ai brani di Palingenesi, sono stati diversi. A volte siamo partiti dai testi, attorno ai quali sono stati costruite le basi. In altri casi abbiamo cucito noi le rime sulle basi di Squarta e Gabbo. Altre volte ancora siamo partiti dalla composizione di una batteria, o di un giro di basso che hanno generato spontaneamente l’inserimento di rime, concetti ed altri suoni. E’ stata un’esperienza super accrescente.

Oggi possiamo dire che “Palingenesi” è il nostro lavoro migliore di sempre, proprio per il modo in cui è stato concepito: un vero studio album dall’inizio alla fine, realizzato da cinque persone che sono sempre state presenti in ogni fase di idealizzazione e creazione.

Che legame avete con le altre realtà Hip Hop di Roma? 

(Mister T) Di base abbiamo un buon rapporto con tutti. Come accennato prima, i Romanderground esistono a Roma dal 2008. In quegli anni, la nascita di nuovi gruppi e crew era una cosa normale. Ce ne erano centinaia, forse anche migliaia solo a Roma. C’era una vera e grossa scena Romana, che aveva raccolto il testimone di quella precedente: noi ne facevamo parte. Ci eravamo distinti, come molti altri, tra quell’infinità di gruppi, e, tra quelli più conosciuti in quel momento, ci conoscevamo tutti. Ricordo che in quegli anni non andavano tutti d’amore e d’accordo. C’erano anche diverse faide, niente di grave, dal mio punto di vista, creavano solo un po’ di gossip e al massimo schieramenti da una o dall’ altra parte di gruppi e crew che collaboravano di più tra loro escludendone altri e viceversa.

Noi come si dice a Roma ci siamo sempre fatti i “cXXXi nostri”. Pensavamo a fare musica e a tramandare lo spirito Hip Hop di cui eravamo forse anche troppo paladini in una scena che stava già cambiando molto velocemente. Non abbiamo mai avuto dei veri beef con nessuno, anche se sapevamo che non piacevamo a tutti, ma non davamo minimamente peso a questo aspetto. Fare rap, scrivere rime potenti e spaccare sul palco, per noi contava quello e se qualcuno ci parlava dietro, era con i fatti che dimostravamo il nostro valore. Nonostante questo avevamo e abbiamo tutt’ oggi tantissimi amici tra colleghi rapper, dj, produttori e organizzatori della realtà Hip Hop di Roma. La parola “Legame” forse è un po’ grossa. Sicuramente uno dei pochi artisti con cui abbiamo avuto veramente un legame solido e sincero è stato Primo Brown, un rapper e un uomo eccezionale che porteremo sempre dentro di noi.

La scena di quegli anni, oggi si è quasi del tutto disgregata. Alcuni di quei gruppi non esistono più, si sono sciolti definitivamente oppure si sono divisi generando percorsi di artisti solisti. Oggi è raro, vedere gruppi rap. E’ tutto incentrato sull’individualismo, sul ‘personaggio’ del momento. Noi siamo tra i pochissimi rimasti al giro in tutta la penisola. Ma siamo ancora qui e abbiamo ancora tanto da dire. 

A livello di etichette discografiche siete passati da Honiro Label (2010) a Quba Records (2017), ed ora uscite per Musica Against the Wall. C’è un motivo dietro a questi cambi? 

(Mister T) Negli anni abbiamo lavorato con diverse etichette ma anche come indipendenti a diversi progetti come “Solo per Chi ascolta” (2012) e “Quarantena Diaries (2021). Non c’è un motivo vero e proprio, dietro a queste scelte. Sono semplicemente opportunità che ci sono state date durante il percorso. Le abbiamo valutate e scelte, come ne abbiamo scartate altre. Per ognuna di queste etichette corrisponde un nostro disco o EP, ed oggi siamo ancora grati ad ogni realtà con cui abbiamo collaborato, perché è anche grazie a loro se quei progetti hanno visto la luce. “Music Against The Walls” è una realtà giovane. Molte altre etichette indipendenti si sono dette interessate alla produzione di “Palingenesi”, dopo averlo ascoltato. Alla fine a parità di scelta, abbiamo preferito trovare un accordo con la giovane etichetta Toscana, perché ci ha ispirato un senso di grande fiducia e sicurezza sin dall’inizio. Per come sono andati questi primi mesi di lavorazione, oggi, siamo ancora più convinti di aver fatto la scelta giusta. La nostra etichetta si sta comportando correttamente con noi e si sta muovendo veramente bene la fuori. In quest’ottica speriamo di continuare ed estendere questa collaborazione anche per progetti futuri. Ma adesso ci viviamo il presente e ci godiamo l’inizio della nostra Palingenesi. 

Che aspettative avete da questo disco? 

(Prisma) Questo disco rappresenta una sfida già vinta per noi: rinascere musicalmente. Questa è stata l’unica vera aspettativa e direi che l’obiettivo è stato raggiunto.  Adesso, ci aspettiamo sicuramente di portarlo in giro per l’Italia e di suonarlo il più possibile. Crediamo che “Palingenesi” sia un seme per tutto quello che verrà dopo…e saranno sicuramente cose belle.

Live? 

(Mister T) Qualche settimana fa abbiamo suonato Palingenesi dal vivo per la prima volta a Catania: un’esperienza tutta nuova ed estremamente appagante. Da metà giugno partirà un tour di 6, 7 date in cui suoneremo il nuovo album in una formazione nuova. Tutte le date del disco, ci vedranno sul palco insieme a Michael Masci, un batterista di Roma, conosciuto per aver suonato in passato anche nei tour live di Noyz Narcos e Rancore. Speriamo che queste prime date siano solo un inizio e ci portino a suonare l’album in molte altre città e paesi d’Italia. Non vediamo l’ora di partire!

 

 

 

 

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