Intervista analogica. Gianmarco Diana ak Jimmy una vita per il groove, tra vibrazioni cinematiche e progetti musicali

No Rating
PH di E.Melis

Facciamo scorrere il nostro nastro magnetico lentamente per incidere questa nuova interessante Intervista Analogica. Ci sediamo nel nostro vecchio fumoso salotto con un musicista, artista, autore che ha molto da raccontare. Gianmarco Diana conosciuto come Jimmy, primo bassista della storica band sarda Sikitikis, cultore raffinato della musica cinematiCA e componente dei Dancefloor stompers. Non c’è tanto da dire nella nostra intro perché nelle sue parole, che vi invitiamo a leggere in modo attento, c’è tutto quello che ci serve per capire parte del suo percorso artistico che ha profonde radici nella musica made in Sardinia, non quella da cartolina turistica ma quella che dalle strade di Casteddu si è diffusa in tutta Europa soprattutto a una realtà importante come quella dei Sikitikis.  Il nastro magnetico scorre… e questa è la nuova intervista Analogica da collezionare!

 

Chi sei, cosa fai e dove stai andando…

Mi chiamo Gianmarco Diana, ma tutti mi chiamano Jimmy. Sono nato a Cagliari nel ‘73, laureato in Giurisprudenza ed Avvocato, ma nella vita mi occupo di musica, professionalmente dai primi anni 2000, suonando il basso e curando la scrittura, l’arrangiamento e la produzione di canzoni e brani strumentali con i “SIKITIKIS” ed i “DANCEFLOOR STOMPERS”; inoltre sono un “music selecter” e da 11 anni conduco una trasmissione – CinematiCA – Suoni da e per il Cinema” – sulla web-radio cagliaritana Radio X, due esperienze che mi hanno portato a selezionare musica in giro per club, festival, hotel, rassegne, etc.

In che modo la musica ha cambiato la tua vita? Qual è stato il momento decisivo che ti ha portato a intraprendere la carriera musicale?

Che io ricordi la musica è sempre stata presente nella mia vita, sin da piccolo, grazie al buon gusto musicale di mio padre (che ascoltava i Beatles, Lucio Battisti, gli America, Bob Dylan e i Pink Floyd, ma anche James Brown, i Brass Construction, KC & The Sunshine Band) e della maestra delle Elementari, la Signora Sollai (che una volta al mese ci faceva ascoltare le sinfonie di Mozart, Beethoven, Vivaldi, etc, e ci faceva trascrivere i pensieri che la musica suscitava in noi); poi da semplice ascoltatore che attraversava le classiche fasi adolescenziali, quelle in cui si forma il nostro gusto musicale (il pop negli anni ‘80, il punk e lo psychobilly nei ‘90, il crossover nel 2000) ed, infine, incominciando a suonare intorno ai 17 anni, prima la chitarra poi il basso, in sala prove e dal vivo, in diversi progetti dell’underground cagliaritano – dai “NERVOUS MADMEN” ai “CANIDARAPINA” (antenati dei “SIKITIKIS”) – fino a trasformarla nel mio lavoro. Il momento decisivo è stato nell’estate del 2004, in blico fra scritto e orale per l’esame di stato di Avvocato, quando Max Casacci ci ha detto che apriva ufficialmente la label “Casasonica” ed il primo disco sarebbe stato il nostro! Ho fatto una scelta: ho passato l’esame ma ho abbandonato la carriera di avvocato per intraprendere definitivamente quella di musicista.

Quali sono i grandi artisti o band che ti hanno influenzato? C’è un musicista o un lavoro in particolare che ti ha ispirato profondamente?

Negli anni ho avuto diverse fascinazioni per i generi musicali (pop, new wave, punk, psychobilly, ska, garage, crossover, avantgarde jazz, soundtracks), che poi ho spesso ciclicamente ritrovato nei miei ascolti. Primi amori adolecenziali, in ordine sparso: Battisti, Beatles, Duran Duran, Wham!, Depeche Mode, The Smiths, The Clash, The Meteors, The Specials, Mano Negra, Red Hot Chili Peppers, Mr. Bungle, John Zorn. Poi ho scoperto di amare profondamente la musica strumentale per il cinema, le colonne sonore ed i dischi di sonorizzazione, ed ho inizato una ricerca ed una catalogazione che durano tutt’ora.

Non potevamo non parlare dei Sikitikis, un progetto importante che ha tracciato un solco profondo nella storia della musica isolana contemporanea. Cosa ti ha dato questa esperienza e cosa resiste ancora di quel sound, di quella vibrazione.

Mi ha dato tanto, ci ha dato tanto. Con Diablo, Zico, Daniele prima e Sergio poi, abbiamo condiviso anni straordinari, di entusiasmo e lavoro serio. Abbiamo macinato chilometri in furgone, calcato palchi, scaricato e caricato backline, e fatto tutto ciò che, nel bene e nel male, rende fortunato chi come noi può fare il mestiere del musicista. Ci siamo tolti diverse soddisfazioni, incidendo 5 album, sia con le major, che da indipendenti, realizzando videoclip (i primi due girati in pellicola, premiati al MEI), apparendo in tv (RAI, MTV, Rock TV), producendo sonorizzazioni live di film italiani degli anni ‘60 e ‘70 e colonne sonore originali (“Cosmonauta”, “Jimmy della collina”, “Nell’occhio di Venere / Le Rivoluzionarie”), ed, ovviamente, suonando dal vivo ovunque potessimo, dai club di Torino, Milano, Roma, Padova, Firenze, Bologna o Reggio Calabria fino ai grandi palchi dei palazzetti (come opening act per il tour “Terrestre” dei Subsonica) e di festival importanti come GoaBoa, Independent Days, Rock Island, Beautiful Mine, Creuza De Mà Musica Per Cinema, etc etc.

Di quegli anni rimane proprio l’esperienza accumulata e la fortuna di aver potuto registrare in diversi studi di incisione, collaborando con produttori ed ingegneri del suono molto bravi! Idem per i musicisti con cui abbiamo lavorato nell’ultima fase dei Siki, i chitarristi Ramprasad Secchi e Samuele Dessì, eccellenti compagni di viaggio negli ultimi dischi e strumentisti straordinari. Per quanto riguarda il sound, negli anni è variato tanto, visto che siamo partiti da un’attitudine “pulp” e “tarantiniana” (con brani nostri in stile rock/garage/surf e cover di Ennio Morricone, Herbert Pagani e Mina) per approdare gradualmente verso una forma di (quello che oggi potrebbero chiamare) “indie-pop italiano”, con diverse contaminazioni, ma legato comunque ad una certa scuola di song-writing in italiano. Abbiamo avuto tantissimi sostenitori nell’arco di tutta la nostra “carriera”, ma i primi anni (2005-2007) ed i rapporti creati in quell’era pre-social (c’era My Space, ma non ancora Facebook) rimangono per me molto coinvolgenti ed indimenticabili.

Sono tempi duri per gli artisti emergenti. Come possiamo far innamorare i più giovani della bellezza della musica? Quali iniziative ritieni efficaci per avvicinare le nuove generazioni al mondo della musica?

La tecnologia disponibile ha cambiato parecchio le metodologie di song-writing e di produzione, perciò spesso uno pensa che non ha bisogno di nessuno per “scrivere” la propria canzone. In realtà, se studi la storia della musica, ti accorgi del contrario, che anche un autore dotato, persino di talento, usufruisce di altre figure che sono quelle dell’arrangiatore e dei musicisti che interpretano la musica o la canzone. Consiglio ai giovani di trovare una propria “voce”, un proprio stile, di non appiattirsi sulla “griglia” preconfezionata che il mercato discografico sta costruendo da tempo, ma di studiare la storia della musica, di ascoltarne quanta più possibile, di ampliare i propri orizzonti armonici, di “guardare” film e serie anche dal punto di vista del suono e dell’utilizzo delle canzoni o delle musiche di repertorio sincronizzate. Questo, nel mio piccolo, cerco di fare con il programma radio, dedicato alla musica per le immagini, e con diversi corsi sull’argomento.

Qual è la tua opinione sui diritti degli artisti sardi indipendenti, che spesso trovano poco spazio nei media, negli eventi e nell’industria musicale? Cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione degli artisti locali?

Vivere di musica in Sardegna è difficile, indubbiamente. Il mercato regionale è saturo e la recente pandemia ha dato il colpo di grazia all’attività dell’intrattenimento. Si è ripreso a suonare nei club e all’aperto, molto gradualmente, ma l’aria è cambiata. Come artista indipendente ho lavorato e lavoro con diverse realtà, sia isolane che continentali, ma ci sono grosse difficoltà da superare, in primis per varcare il mare; anche quando hai un team di lavoro rodato – come me con “Dancefloor Stompers” e “Solid Twin” di Andrea Piras e Roberto Macis – e produci e registri tanta musica durante l’anno, è molto difficile poter sostenere l’uscita di un disco o uno show con un’adeguato numero di date in Italia; perciò i costi diventano duri da ammortizzare solo con i concerti in Sardegna. Si potrebbe trovare una forma di sostegno – da parte della Regione e degli Assessorati alla Cultura e Spettacolo, ma anche al Turismo – agli artisti sardi professionisti che “esportano” musica e/o cultura sarda, ma in quanto sardi, non perchè necessariamente devono avere testi in “limba” o launeddas fra gli strumenti; con tutto il rispetto, ovviamente, ma credo che a volte l’eccessiva aderenza alla “cartolina Sardegna” per poter accedere a contributi, partnership, bandi, etc stia diventando una barriera per chi come me ed altri, non parla fluentemente in sardo o suona musica afro-americana.

Ci puoi parlare del tuo amore per le colonne sonore e i dischi in vinile? Quale è il pezzo più raro nella tua collezione?

Il mio amore per le colonne sonore nasce sin da bambino, con la musica straordinaria dei cartoni animati, le serie per ragazzi e gli sceneggiati che vedevo da piccolo, e che fischiettavo a memoria mentre giocavo. L’ossessione vera e propria è nata intorno ai vent’anni, quando facevo le nottate davanti alla TV a guardare anche 3 film consecutivamente (commedie, gialli, thriller, Spaghetti Western, Poliziotteschi, etc), quasi tutti B-Movies italiani degli anni ‘60 e ‘70, spesso anche brutti film, ma sempre con colonne sonore pazzesche! Erano gli anni delle prime uscite discografiche della Easy Tempo dell’amico Rocco Pandiani, e di tutte quelle etichette che sono fiorite via via, dedicandosi alla scoperta del grande catalogo della musica per il cinema in Italia.

Nel 2013 ho ripreso la trasmissione “CinematiCA” (dopo un’unica stagione che avevo condotto nel 2000 con Diablo sulle frequenze di Radio Mistral) su Radio X e ho incominciato a catalogare la musica da colonne sonore e quella dai c.d. “dischi di sonorizzazione” (la sorella minore della colonna sonora, in cui la musica è registrata prima delle immagini). Venendo al formato, non sono un collezionista maniaco del vinile e, francamente, non possiedo alcun pezzo particolarmente raro: in vinile ho stampe degli anni ‘50, ‘60 e ‘70, ma soprattutto ristampe più recenti, delle quali in alcuni casi ho anche curato le “liner notes”; ho tantissimi CD (il formato che ho comprato di più), ma ormai ho digitalizzato tutto su hard disk esterni, in files .flac ad alta risoluzione. Sinceramente, relativamente alle diatribe sul suono superiore del vinile o del CD, rispondo che, a quel punto, la qualità di un file .flac è imbattibile! Poi sul discorso dell’oggetto “vinile” e del rito legato all’ascolto di un disco non ci piove, e non a caso spesso produco la mia musica per i vinilisti (me compreso).

Quali sono i tuoi ultimi progetti o collaborazioni nel campo della musica?

Dopo il “congelamento” dei Siki mi sono buttato anima e corpo nel lavoro con i “Dancefloor Stompers”: con i miei soci Andrea, Frank e Danilo (e con i nuovi entrati Marco e Silvia) abbiamo appena presentato l’EP in vinile 7” “Phuture Soul”, antipasto di un nuovo album che sta entrando in lavorazione adesso e che giocherà di nuovo con gli ingredienti musicali che amiamo, il funk, il soul e la musica da colonna sonora. E’ un progetto fantastico, che amo follemente ed al quale tengo in particolar modo; il primo album “Librerie Musicali” è andato bene come vendite e diversi brani sono stati sincronizzati in serie TV italiane ed internazionali, grazie ad un contratto con lo storico editore Flippermusic Srl. continuiamo a lavorare sul doppio binario della produzione di musica strumentale per sincronizzazione e di canzoni per un nuovo album e magari, finalmente, un tour in Italia e in Europa.

Da qualche anno sono anche entrato come bassista nella “Familia Klan-Tamurita” dell’amico Sergio Piras, in giro per piazze e locali, spesso sul palco con la compagnia Lapola. Sul versante rock’n’roll sono recentemente entrato come bassista anche nei “Turkey Necks”, selvaggio combo frat-garage-surf guidato da Piergiorgio Rizzu ed Alessandra Mariotti degli “Hangees”.

 

Sostieni la factory sarda nootempo! Diamo voce e spazio ai progetti artistici indipendenti!
Offrici un caffè… e magari anche una ciambella!
Puoi farlo donando quello che ritieni giusto. Il tuo contributo sarà utilizzato
per sostenere le nostre spese (server, promo, adesivi e iniziative).
Puoi farlo facile facile con pay pal o altri metodi a te preferiti

 

Tags