exxxtra special interview. Il fuoco dell’hip hop è vivo e Mr Seyo è ancora qua. a cura di Martino Vesentini.

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Mr. Seyo è un b-boy con un lungo curriculum da Writer ed MC. Da 28 anni a questa parte continua a produrre Musica ed Arte che raccontano se stesso e i luoghi che lo hanno alimentato, con consapevolezza, presa di coscienza e grande volontà. Signore e Signori, ecco a voi il Demone di South Rome!

 

Da dove parte tutto il tuo lungo percorso?

Il mio primo contatto con l’Hip Hop parte da molto lontano, una cassettina proveniente da New York, era il 1987. Io abitavo ad Ostia, molto vicino all’Aeroporto di Fiumicino, avevo un amico di mio zio che faceva lo Steward in Alitalia, per cui di ritorno dai viaggi intercontinentali spesso mi portava dei regali, in quel caso un mixtape sul quale tra tanti pezzi rap spiccava “South Bronx” di KRS ONE.

Quella canzone mi colpì subito e mi spinse a fare un po’ di ricerca per capire cosa ci fosse dietro. Nello stesso periodo ero estremamente affascinato dai primi pezzi che giravano sul lungolinea di Roma, vedevo questi disegni colorati che improvvisamente rompevano il grigiore dei muri.

La passione nacque quindi da questi due canali, il Rap ed il Writing, ma anche da un film che vidi a Pasquetta nell’87 o forse ’88, si intitolava “Turk 182”, un drama-action di Bob Clark che racconta la storia di un ragazzo che faceva graffiti, il cui fratello, Vigile del Fuoco, rimane paralizzato a seguito di un intervento effettuato fuori servizio. Il Sindaco di New York decide di non concedergli il sussidio d’invalidità, e questo fa scattare una sorta di guerra tra i due, a colpi di messaggi scritti sui palazzi, la metropolitana, ecc. C’erano scene un po’ assurde, tipo lui che dipinge le carrozze della Metro newyorkese in movimento, però secondo me vale la pena cercarlo e guardarlo.

Collegare quel film, il Writing ed il Rap immagino non fosse comunque così scontato ai tempi…

No in effetti, soprattutto in Italia, il concetto di Hip Hop, delle Quattro Discipline, arrivò più tardi. Il Writing attecchì prima nel resto d’Europa, soprattutto in Francia, e forse per certi versi c’entra quasi per caso nella cultura Hip Hop.

Ostia è anche il luogo da cui proviene uno dei pionieri dell’Hip Hop in Italia, Ice One?

Esatto, Sebastiano proviene proprio da Ostia, con lui inizialmente non ebbi molti contatti, di base perché io sono una persona riservata, non mi piace rompere le scatole alla gente. Ovviamente sapevo chi fosse, e lui aveva intuito cosa facessi, ma non ci siamo mai presentati di persona fino alla fine degli anni 90. Poi da li abbiamo cominciato a frequentarci di più, per un periodo lui ha collaborato con SoulStruggle un fratello per me, che tra l’altro lavorava nello Studio di Tatuaggi da cui mi servivo.

Come nasce il nome Seyo?

E’ qualcosa che ho appiccicato addosso, mi chiamo Alessio ma mia sorella, più piccola di 18 mesi, non riusciva a pronunciarlo bene, storpiandolo in “Seyo”. Inizialmente non mi taggavo così perché era un nomignolo casalingo che quasi mi infastidiva, per cui scelsi Zucc One, poi però capii che Seyo mi apparteneva di più. Inoltre scoprii più avanti negli anni che è una parola che rimanda alla cultura giapponese, che può significare Occidente, ma è anche la forma imperativa di ‘Fai e Mostra’, per cui alla fine ha un significato più profondo di quanto pensassi inizialmente.

Quali sono stati i tuoi primi progetti ufficiali nel Rap?

Guarda, io nei primi anni di carriera non sono stato molto produttivo, un po’ per le risorse limitate di cui disponevo, un po’ perché ero molto più concentrato sul Writing. Nel 2001 pubblicai con il gruppo ICSELLE “SouthRome EP”. Poi partecipai a diverse Compilation, sia in gruppo che come solista, fino ad arrivare al 2005, quando con un disco pronto in uscita e la presentazione a Milano del singolo “Questo Sono Io” pubblicato su vinile (cosa piuttosto rara ai tempi), mi si brucia l’Hard Disk, e quindi mi ci vogliono poi altri due anni per poter finalmente arrivare alla pubblicazione.

“MrSeyoakaOni – L’Album” è un progetto a cui sono molto affezionato, ma che si concretizzò probabilmente nel momento sbagliato, perché in qualche modo era già vecchio al momento dell’uscita. Tieni conto che in quel periodo pubblicarono i loro album nuovi anche Cor Veleno, Kaos, i Colle, e poco dopo arrivò “Mister Simpatia” di Fabri Fibra, che cambiò un po’ tutto. Da li continuai con altre cose fino al 2013, e poi mi fermai per 5 anni, fino al 2018, un blocco creativo totale, smisi persino di dipingere, silenzio completo. Mi sono sbloccato pubblicando un singolo, e poi possiamo dire che non mi sono più fermato. Negli ultimi due anni ho buttato fuori due album più una decina tra singoli e collaborazioni.

E’ fresco di uscita il tuo nuovo video “Ancora Qua”, cosa bolle in pentola?

Guarda, io ad inizio anno sono uscito con un album “Coerente e Convinto”, in combo con ILL PAPI, un progetto in cui ancora una volta ho ribadito il mio credo. Mi sono preso qualche tempo prima di rimettere la penna sul taccuino, perché per caratteristica mia mi piace scrivere quando ho qualcosa da trasmettere agli altri. Ad ottobre arriverà un altro singolo, “Odio Chiama Odio” su produzione di LOW P, poi l’idea è quella di provare a fare un nuovo album nel 2024. Ci saranno sicuramente delle belle collaborazioni con nomi importanti, giusto per anticipare qualcosa ti faccio due nomi: Maury B ed Esa.

Possiamo quindi dire che è un periodo molto produttivo per te?

Si, devo ammettere che gli anni di blocco hanno coinciso con una serie di stravolgimenti personali, sono diventato padre, mi sono trasferito all’estero, un periodo di crescita in cui ho un po’ accantonato le mie passioni. Poi nell’estate 2017 durante un viaggio di lavoro a Londra, con Kiaso (membro storico del nostro Crew) ho fatto una Hall of Fame, ed ho capito quanto mi mancasse tutto questo. Ho ripreso sia a dipingere che a scrivere, poi in qualche modo devo ringraziare la Pandemia, perché mi sono trovato per otto mesi chiuso in pochi metri quadri senza poter tornare in Italia. La musica in quel caso mi ha letteralmente salvato.

A metà del 2021 sono poi rientrato, stabilendomi a Novara, e devo dire che trovarmi fuori dal mio solito contesto, in un ambiente molto creativo dal punto di vista artistico, mi ha dato una grossa mano. Ho chiuso tante collaborazioni, riuscendo a mettermi anche in discussione rispetto a quello che erano i miei dogmi, le mie convinzioni, il mio modo di fare musica. Probabilmente negli ultimi due anni ho fatto quasi il doppio di ciò che avevo tirato fuori nei vent’anni precedenti.

Ma se fossi rimasto a Roma credi che sarebbe andata diversamente?

Credo di proprio di si, Roma è una città estremamente viva, con tante realtà molto produttive, ma se fossi rimasto li non avrei ottenuto gli stessi risultati. Stare lontano da Roma mi ha fatto capire quanto io stesso mi fossi sottovalutato. Non credevo di poter uscire nemmeno dal Raccordo Anulare, per dirti. Venendo da Ostia mi sono sempre sentito un’entità esterna, in qualche modo qualcosa di diverso, anche se l’orgoglio di rappresentare la mia città è sempre stato un motore enorme di energie. Sono cresciuto col Wu Tang Clan, ho quindi sempre cercato di far emergere tutta la crew della mia zona, già nel 2001 fondammo il South Rome Style, l’unione di tre diverse realtà di Ostia, abbiamo fatto diverse cose, ma senza mai riuscire a bucare davvero. Forse anche per un nostro problema di approccio. Io stesso negli anni ho capito che dovevo cambiare, prima ero un perfezionista, uno che cercava di fare sempre il pezzo perfetto, mai davvero soddisfatto, e questo ha fatto si che per molto tempo non ho pubblicato roba che invece avrebbe meritato.

Quindi com’è oggi il tuo approccio alla scrittura?

Nel tempo ho sviluppato tre diverse maniere di scrivere un pezzo: il classico flusso di coscienza, quando trovo il beat giusto nel momento in cui sento la necessità di esprimere un concetto, posso chiudere la traccia in due o tre ore. Altre volte mi ascolto il beat in cuffia, fino a quando non capisco esattamente qual è il messaggio che voglio veicolare, e in questo caso ci vuole qualche giorno per poter far decantare il tutto.

Poi ho un metodo un po’ più macchinoso, quando ho bisogno di tirare fuori un concept, che prevede quindi una fase di studio, ma lo utilizzo meno perché non mi appartiene davvero. Diciamo che oggi credo di aver raggiunto un livello in cui sono molto soddisfatto delle cose che scrivo istintivamente, difficilmente scarto qualcosa.

Domandona finale, come tributo al Cinquantesimo Compleanno dell’Hip Hop… Quali sono i tuoi Dischi o Artisti Fondamentali?

Sicuramente KRS ONE, poi Wu Tang Clan, specialmente nel loro esordio “Enter The Wu Tang”. Aggiungerei senza dubbio EPMD e per l’Italia il classico “SXM”, più i dischi di Neffa, che ritengo delle vere e proprie pietre miliari. Mi piacciono gli MC con contenuto, per cui sicuramente Colle e Kaos, ma anche Ape da Milano e la scena di Torino. Poi ho sempre amato il Rap Francese, per cui non posso non citare gli IAM.

 

 

 

 

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