EXXXTRA SPECIAL INTERVIEW. Il king della dancehall italiana si racconta. Lu Papa Ricky in full effect. Intervista a cura di Martino Vesentini

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Lu Papa Ricky

Nel 1995 ascoltavo sempre e solo Hip Hop, un vero e proprio ‘purista’ che non lasciava spazio ad altro che non fosse quello. Alcune collaborazioni, come ad esempio quella tra DJ Gruff e Casino Royale, mi permisero di allargare un po’ l’orizzonte sonoro in cui veleggiavo. Poi arrivò una puntata di “Segnali di Fumo”, programma di Videomusic che promuoveva artisti in ascesa, in cui il protagonista, intervistato da Paola Maugeri, indossava un cappellino nero di Radio K e presentava il videoclip di “Non Ti Fidare”, pezzo scritto insieme a Deda dei Sangue Misto e al mitico Soul Boy.

Ovviamente pochi giorni dopo la cassettina del suo esordio discografico intitolato “Lu Papa Ricky” girava già nel mio walkman, facendomi scoprire suoni nuovi che entrarono di prepotenza nei miei ascolti quotidiani. Quasi trent’anni dopo, sentire la sua voce profonda al telefono mentre mi racconta un po’ del percorso che lo ha portato fino a qui, mi ha emozionato non poco. Ed è con questa grande emozione che le mie dita cercano di riportarvi fedelmente le sue parole, che mi auguro leggiate con la massima attenzione.

Da dove parte il tuo rapporto con la Musica?

Devo dire che all’epoca, non essendoci molto altro, a qualcosa bisognava appassionarsi, soprattutto per un giovane che viveva al Sud, anche per non rischiare, ad esempio, di diventare un delinquente. Io, per evitare di frequentare persone, situazioni e meccanismi di quel tipo, ho trovato molto più stimolante ed energetico orientarmi verso la Musica.

I miei fratelli ascoltavano e compravano i dischi, ricordo che avevano il mangiadischi da 45. Io da ragazzetto cercavo di fare un po’ l’alternativo, e nella musica ho trovato una mia collocazione congeniale, anche se la mia curiosità mi ha spinto poi anche a provare a cimentarmi con la fotografia e la pittura.

Siamo nei primi anni Ottanta e DJ WAR, un po’ più grandicello di noi, cominciò a farci ascoltare della roba che poi qualche tempo dopo diventerà il nostro pane quotidiano. Ai tempi eravamo una sorta di comitiva di alternativi, se vogliamo una Nazionale, perché eravamo sparsi tra Lecce e la provincia, San Donato, Trepuzzi, Melendugno, Lizzanello… Per capirci, da li uscirono i futuri Sud Sound System.

Ti ricordi il disco o l’artista che ti folgorò in maniera particolare?

Certamente, fu YELLOWMAN. Malgrado all’epoca ci fosse già la Reggae Music, noi in realtà ci avvicinammo al Raggamuffin, che in Italia era stato approcciato per primo da BRIGGY BRONSON, di Savona, ma non ebbe successo. Noi diciamo che siamo stati un po’ più fortunati di lui…

Quando avvenne il passaggio da appassionato ascoltatore a cantante?

C’è una storia famosa su di noi, tutti noi eh, non solo Papa Ricky. Mediamente la gente deve fare la gavetta prima di avere un minimo di successo, anni ed anni di concerti, demo, ecc., noi invece siamo proprio passati dalle stalle alle stelle, in maniera immediata, quasi incredibile. E ti sto parlando di Isola Posse, Sud Sound System, io stesso. Avevamo quattro canzoni in croce, e di tutta quella banda di una ventina di persone ce n’erano giusto un paio che conoscevano la musica davvero. Era un periodo in cui andava solo la musica inglese, mentre noi abbiamo avuto la genialità di usare il dialetto.

Nel frattempo tu ti eri già trasferito dal Salento a Bologna?

Si, io arrivo a Bologna nei primi anni Novanta, dopo un fattaccio che successe a me purtroppo, pochi giorni di carcere, per cui me ne scappo e mi trasferisco al Nord. Avevo la fortuna che uno dei miei cugini possedeva un Bar molto frequentato in Piazza Verdi, nel cuore di Bologna, li conosco dei Punk e vado a vivere con alcuni amici studenti in quella che poi diventerà l’Isola Nel Kantiere.

Inizio così ad interagire negli ambienti sociali, e poi da li accade tutto, la Century Vox ( ndr nootempo etichetta storica che produsse anche i Sardi Sa Razza ) , la casa discografica aperta proprio da mio cugino, con DJ R, PierFrancesco Pagoda (giornalista del Manifesto) e DJ Rodriguez (Pace all’Anima Sua). Lui mise i soldi per iniziare questa avventura, perché voleva creare qualcosa pur non essendo un musicista, parliamo di diverse decine di milioni di lire.

Quindi poi con quei quattro pezzi che avevamo scritto diventiamo famosissimi, tanto che poi facendo un sacco di live ci siamo visti costretti a scrivere altre canzoni, per riempire le serate. Siamo passati subito da fare piccole cose con l’etichetta indipendente alle Major.

Come ti spieghi un successo del genere?

Io nel tempo ho capito cos’è successo, ai tempi lavorai anche in FONOPRINT, per Lucio Dalla, che allora era davvero The King. In quegli anni c’era una sorta di vuoto discografico e generazionale, perché tutti i cantautori avevano un po’, come dire, … rotto il cazzo! Predominava la musica esterofila e quindi serviva qualcosa di rottura, in qualche modo chi aveva in mano il mercato decise di spingere un’alternativa com’eravamo noi.

Dall’Isola Posse nascono poi i primi Sangue Misto di cui facevi parte anche tu giusto?

L’idea fu di DEEMO, lui fu la mente di moltissime cose, dopo l’Isola volevamo fare qualcosa di nuovo e lui trovò il nome giusto: SANGUE MISTO. C’era la buonanima di DJ FABRI (RIP), che si rese partecipe per sostituire DJ GRUFF che nel frattempo si era trasferito a Torino. Poi ci stavano GOPHER, DEDA e NEFFA. Ti dico la verità: io mi accorsi quasi subito di non avere lo spessore di Deda e Neffa, loro erano veramente superiori, poi non ero molto convinto da questa mistura di Ragga-Hip Hop, volevo fare il mio Raggamuffin.

A quel punto rimani da solo e scrivi il tuo primo Album “Lu Papa Ricky”, che nonostante sia del 1995 trovo assolutamente attuale..

Guarda io “Sottocontrollo” l’ho rifatta poco tempo fa, alla Meridional Reunion che si tiene al Castello di Torre a Mare a Metaponto, un festival che da 18 anni a questa parte ospita tutti i cantanti Reggae e Hip Hop del Sud che cantano in dialetto. Conta che saranno stati almeno vent’anni che non la cantavo, la gente si è resa conto che forse ai tempi io ero davvero avanti. Dentro quell’album c’era la mia vita, le storie… e ce ne sarebbero da raccontare.

E poi cosa successe?

Sono stati anni davvero incredibili, qualcuno è riuscito a sfruttarli bene, altri molto meno. Io sono stato forse tra i primi ad avere abbandonato, per scelta mia personale, perché non mi piaceva quel mondo, quel ritmo, l’ambiente, l’andazzo. Bologna ti faceva sentire come un eterno ragazzo, poi c’erano i Centri Sociali che erano mal gestiti… Iniziai a provare ansia prima dei concerti, vivere per strada, sempre in movimento, cominciavo a non divertirmi più. Sai, ogni sera bene o male finivamo ubriachi, a fumare, trombare sempre in giro, alla fine anche quello come dire… due palle!

Per cui sei tornato in Salento abbandonando completamente la musica?

Si, scelsi di tornare a casa, in Salento, smisi di fare musica e cominciai a fare l’operaio, e per anni furono in molti a cercarmi, ma io ho sempre desistito anche di fronte a proposte concrete da parte di Produttori e Management. Poi è arrivata l’era prima di MySpace e poco dopo di Facebook, ed è ritornato un po’ quel mondo nella mia vita, la gente ha cominciato a chiedersi che fine avessi fatto.

Io mi ero rotto i coglioni di tutto e non ne volevo sapere. In quell’ambiente devi sopportare tanta roba, tanta gente che arriva e ti dice cosa puoi o non puoi fare, non era ciò che volevo per me. Poi quando mi misero nelle condizioni di fare un buon lavoro, uscii con un’autoproduzione di ottimo livello, “Iti Tie” con DJ ORLANDO e la Bleizone.

Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro di Papa Ricky?

Io credo di essere andato oltre, i miei obiettivi, il mio pensiero…La parola sarà fondamentale più della canzone. Io ho 57 anni e credo nei giovani, spero in un ricambio generazionale, che all’orizzonte però non vedo. Vorrei mantenere una certa lucidità e memoria, cercando di stimolare le persone. In questo momento continuo a dipingere, lo faccio da anni, vendo quadri, ne sto finendo uno proprio in questi giorni. Faccio tante cose, scultura e molto altro. La chiave non è solo la musica, ma il comunicare attraverso l’arte.

Vedo che ultimamente stai pubblicando parecchie foto dei tempi dell’Isola?

Si, guarda a questo proposito dovete assolutamente seguire il gruppo FB “IsolaNelKantiere.Org”, stiamo facendo un grande lavoro di memoria. Poi ti aggiungo che ora abbiamo comprato con un’amica DJ, la grande KIKA MATTARELLI, quegli aggeggi che trasformano in file audio le cassette, per cui stiamo riversando live inediti dell’Isola Posse, roba mia con Neffa e Deda, roba di Fabri, è un processo un po’ lento, ma pian piano vorremo regalare tutto questo pubblicando gratuitamente su YouTube. Sono stato un collezionista incredibile e tutto il materiale che ho lo sto esponendo ad una mostra che ho organizzato qui nella mia zona.

La chiacchierata è poi proseguita, scoprendo che nonostante la distanza enorme tra Verona e Lecce, Papa Ricky ha vissuto poco lontano da casa mia, nell’anno di Naja. Che altro aggiungere? E’ stato un grande piacere poter parlare con un Grande Artista. Grazie Papa Ricky.

 

 

Lu Papa Ricky è sempre stato Libero…  ( ndr nootempo redazione

 

 

 

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