EXXXTRA SPECIAL INTERVIEW. 1989 tra sperimentazione musicale e Rap nudo e crudo. intervista a cura di Martino Vesentini

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ph. Serena Dattilo

La collaborazione con Nootempo mi sta dando la possibilità di conoscere e parlare con tanti artisti diversi, per età, stile e attitudine, in più sempre più spesso mi ritrovo a poter ascoltare in anteprima pezzi o interi progetti che non sono ancora arrivati alla pubblicazione. Quando ho ricevuto via mail le tracce del disco di cui parleremo oggi, ho capito dopo pochi secondi che l’artista in questione aveva qualcosa da dire e, soprattutto, sapeva come dirlo. Ho ascoltato uno dopo l’altro i tredici pezzi che costituiscono il nuovo lavoro di 1989, un vero e proprio Concept Album che veleggia tra Hip Hop, Rock, Elettronica e Jazz. Ed ho capito che avrei voluto intervistarlo per conoscere ancora meglio il suo punto di vista. Caso vuole poi, che l’album in questione sia uscito giusto giusto un paio di giorni fa, il 10 novembre. Per cui il mio consiglio è: premete Play, mentre leggerete questa intervista!

 

Partiamo dal nome, che significato ha e chi è 1989?

Ho scelto il mio anno di nascita, volevo un numero che richiamasse un po’ “1984” di Orwell, poi è stato un anno importante, con la caduta del Muro di Berlino e la fine di un’epoca come gli Anni Ottanta, insomma sia simbolicamente che graficamente mi piaceva questa idea. E’ un po’ un nome che vuole anche essere un Concept. Io ho fatto Rap per tanti anni con un altro AKA, Funky D, sin da ragazzino, poi mi sono reso conto che non mi rispecchiava più, perché stavo prendendo una direzione diversa, per cui ho cercato qualcosa che fosse più originale e credibile, ma soprattutto attinente a ciò che canto.

Come nasce la tua passione per la Musica?

Ho iniziato a fare Rap a 15/16 anni, continuo tuttora con il Rap, anche se nel corso degli anni ho cominciato ad ascoltare e confrontarmi con tanti generi diversi, anche modi di espressione differenti, perché ora nei miei pezzi ci trovi anche del Slam Poetry, o meglio Spoken Word, e dei cantati, per cui ora non posso definire il mio stile come Rap nudo e crudo, c’è sicuramente una matrice Rap che nel tempo ho contaminato per renderla il più possibile originale.

Ti occupi solo dei testi delle tue canzoni o anche della parte produttiva?

In questo album in particolare la parte musicale l’ho curato io per la maggior parte, sotto lo pseudonimo di Dog Dylan, che è il mio alter ego da Producer. Alcune tracce sono state lavorate col chitarrista che mi accompagna da sempre nei live, Simone Sambucci, tra l’altro anche il mio migliore amico, per cui tra noi si è instaurato nel tempo un legame molto particolare. In altre tracce ci sono poi diverse altre parti suonate da altri amici musicisti, come Alessio Cervellini e Alessandro Blasi (batteria), Raffaele Bove (organo), Eros Capoccitti (basso), Matteo Prisco (piano), Antonio Galasso (tromba), Cristiano Celli (sax), spero di non aver dimenticato nessuno! E’ stato un lavoro molto lungo, iniziato ai tempi della Pandemia, ci sono voluti due anni e mezzo circa per terminarlo, poi in realtà il Master era già pronto quasi un anno fa, ma per varie vicissitudini esce solo ora.

Credi che nonostante il tempo trascorso dalla scrittura ti rappresenti comunque a pieno?

Capisco la tua domanda, ma per la maggior parte del lavoro sono davvero stra-soddisfatto. Probabilmente se lo rifacessi ora cambierei qualcosa, starei più attento a determinate cose, come la durata di alcune tracce, anche se non è necessariamente un male che siano molto lunghe. Qualche piccolo dettaglio lo modificherei, chiaro, ma nel complesso il lavoro mi piace ancora tanto.

Come mai questo titolo “Gente che Odia la Gente”?

E’ un po’ il riassunto delle tematiche che tratto nel disco, secondo me l’odio, purtroppo, oggi è il sentimento che va per la maggiore, che si manifesta con grande facilità, senza avere un confronto diretto. Sui Social si spande odio nelle maniere più disparate e feroci, per strada ne troviamo ogni giorno, c’è odio verso le minoranze, l’immigrato, verso chi ha un pensiero diverso dal nostro. Se pensiamo al Covid, sono nate delle fazioni, dei veri e propri schieramenti, senza alcuna possibilità di confronto tra le parti.. Io ne ho voluto parlare, ho messo nero su bianco tutto questo.

In apertura del disco, in “Io Manco Sarei Nato” dici che ti senti davvero fuori posto in questo mondo così dominato dai Social. E’ proprio così?

Io ho sempre definito la Musica come il mio compromesso con il mondo, perché ci sono delle dinamiche della società in cui io non riesco a rispecchiarmi, a sentirmi a mio agio. Io comunque cerco sempre il confronto civile, credo sia l’unica via per poter stare bene in questa situazione, anche perché litigare ferocemente, che sia per la politica o per lo sport, non ti fa vincere ne guadagnare nulla. E’ giusto dialogare con chi ha altri punti di vista, rispettando chi ha idee diverse, anche essere disposti in qualche modo a mettere in discussione le proprie.

In “Innegabile” nel ritornello canti “ciò nonostante, io scrivo, continuo…”. Quant’è difficile trasformare la propria passione in professione?

Ovviamente vorrei che la Musica diventasse un lavoro, perché è quello che sono, io sento di volere e potere fare quello, solo quello, per poter dedicare tutto il tempo necessario alla mia Arte. Anche se poi quando scrivo non concepisco la cosa come un lavoro, perché credo che la creazione vada lasciata libera.

E’ chiaro che l’ideale sarebbe riuscire ad avere anche un riscontro economico, significherebbe avere un minimo di successo, che per me vorrebbe dire suonare molto dal vivo, il che renderebbe tutto meno frustrante e difficile. E’ una strada intricata e complessa, per nulla facile, perché spesso ci si ritrova in situazioni in cui i propri sforzi non vengono minimamente ripagati, per cui si tende a demoralizzarsi, ci sono tante cose che posso buttarti giù. Alla fine però la Musica è ciò che sono, per cui continuo come molti altri, perché quando ami una cosa la fai a prescindere da tutto.

Nel pezzo “Amico Mio” ho colto nel verso “La Cocaina è merda che sa di vaniglia / Non sai più chi sei non sai più che cazzo ti piglia…” una bella citazione di LOU X. E’ un’artista che ti ha ispirato particolarmente?

Sicuramente come scrittura e background siamo due artisti molto diversi, oltre ad appartenere a due epoche differenti, ma in ogni caso lo ritengo uno dei miei Rapper preferiti in assoluto, ho sempre amato la sua spontaneità, la capacità di raccontare la realtà con quel mix unico di poesia e cafonaggine (nel senso buono del termine!). Quella frase in particolare io l’ho un po’ cambiata, lui parlava di eroina, io di cocaina, ma rimane un’ immagine potentissima che mi sono preso la licenza di citare per raccontare ciò che succede nel paese da cui provengo, Cassino. Ho voluto dare questa piccola stoccata a chi pensa sia giusto buttare la propria vita in quella maniera.

Ci sono altri Artisti o Dischi che ritieni importanti per la tua formazione?

A livello di rap ho ascoltato moltissimo in passato e apprezzato NEFFA, SANGUE MISTO, GENTE GUASTA, LA FAMIGLIA, tutta quella wave dei Novanta, poi per quel che riguarda la roba americana ho sempre avuto una predilezione per il rap conscious, tipo A TRIBE CALLED QUEST e DE LA SOUL, quel filone insomma. Oggi l’artista che potrei definire come il mio preferito, è TOM WAITS, in alcune canzoni mi ha proprio ispirato, ci sono diverse citazioni sue in questo disco. E’ molto distante dal mondo da cui provengo, ma mi piace il suo modo di cantare, ha una discografia immensa, un’attitudine che amo, soprattutto il suo essere camaleontico.

In “L’Italia è Bellissima” parli di tutte le contraddizioni del nostro Bel Paese… è il luogo in cui vedi il tuo futuro? Più facile andarsene o cambiare le cose?

Tendenzialmente si, vedo il mio futuro ancora qui, perché musicalmente mi esprimo in italiano e mi è più facile dal punto di vista dello sviluppo della mia carriera. Poi non ho mai pensato di andarmene davvero da qui, anche se non ti nascondo che non mi dispiacerebbe l’idea di trascorrere un periodo fuori dall’Italia, per vivere la vita di città come Berlino o Amsterdam ad esempio, come esperienza di vita. Ma sono nato qui e voglio godermi gioie e dolori del posto che amo, provando nel mio piccolo, con una canzone o un disco, ad accendere qualche lampadina nella testa di chi ascolta.

Che aspettative hai ora che il disco è fuori?

Non ne è ho davvero idea, buio totale, non so cosa potrà succedere. Per ora, chi ha ascoltato il disco lo ha apprezzato molto, ma poi vedremo come verrà recepito dal pubblico. Io ho dato il 100% per cui in qualche modo sono già a posto con me stesso. Ci sono anche cose nuove a cui sto lavorando e che ho in mente, cercherò sicuramente di spingerlo al meglio delle mie possibilità.

Per quanto riguarda i live, intanto ho due ‘Listening Party’ programmati a Roma e Cassino, per il resto sono alla ricerca di un Booking interessato al progetto. Io amo i concerti, per cui spero di poter suonare il più possibile in giro per l’Italia!

 

 

 

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