Intervista analogica. Il Bassista sardo Carlo Biggio ci racconta il suo Groove e la sua esperienza musicale.

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Come sempre diamo voce e spazio ad artisti indipendenti isolani o d’oltre mare, nel nostro portale potete leggere decine di interviste realizzate in questi anni di attività, o meglio di artivismo.

 

Raccontaci in breve chi sei, il tuo percorso formativo 

Sono un musicista Cagliaritano. Ho iniziato a suonare il basso elettrico per puro scopo ludico senza avere coscienza che, con il passare degli anni, questo passatempo si sarebbe poi trasformato in una passione di cui oggi non potrei assolutamente fare a meno e che continua a darmi tante soddisfazioni. Mi reputo un autodidatta e posso dire che il mio percorso formativo sia caratterizzato esclusivamente dall’apporto continuo di esperienze musicali sul campo.

Come nasce la tua passione per la musica ? E quali sono state le tue esperienze piu’ importanti? 

Non c’è un periodo preciso in cui si può dire quando sia nata questa passione. Ho sempre ascoltato tanta musica fin dai tempi dell’infanzia. L’approccio allo strumento invece è un qualcosa che arrivò più avanti. Ho iniziato a suonare il basso da maggiorenne, infatti il basso fu proprio il mio regalo di compleanno per i diciotto anni. L’attitudine iniziale era quella di voler diventare un bassista heavy metal tagliando fuori tutto ciò che non fosse affine al genere. Fortunatamente capii praticamente subito quanto invece è bello cimentarsi in più generi senza ragionare a compartimenti stagni, ma spalancando le porte a qualsiasi stile e forma musicale. Tuttora ascolto e suono (ci provo) tutto quello che posso, inoltre, ritengo che la dimensione musicale più stimolante sia quella della collaborazione con band e artisti di generi vari, perché oltre all’aspetto sociale e relazionale con altri musicisti, con cui magari poi si diventa pure amici, c’è soprattutto quello conoscitivo di uno stile nuovo che arricchisce il background delle esperienze e permette poi di veicolare al meglio la propria musicalità verso un risultato ottimale del prodotto sia questo una session in studio o una esibizione live.
Ci sono state tante esperienze importanti, ma senza dubbio mi ha lasciato un ricordo indelebile quella con i FOREFINGERS UP! A NEW BALENTIA’S JOINT, band Hip Hop ,con cui vincemmo nel 2013 il Suns (European Minority Language Song Festival) svoltosi a Moena in Trentino Alto Adige, e con cui l’anno successivo ci esibimmo al Liet International Festival che si svolse a Oldenburg in Germania.

La musica è accademia o sperimentazione? 

In musica, oggi, secondo me i due aspetti costituiscono un binomio inscindibile. Da una parte ritengo che le regole sia giusto conoscerle, ma non indispensabile, o quanto meno, il conoscerle sia un “valore aggiunto” che sicuramente agevola coscienziosamente un processo creativo. Dall’altra parte la sperimentazione in quanto tale non può ridimensionarsi perché inibita dal veto di una regola accademica tassativa. Detto in parole meno filosofeggianti e più musicali: “Quando una roba suona bene, suona bene!!! punto!” la cosa che conta davvero secondo la mia “umilissima” opinione è avere coscienza di ciò che si fa. Se la musica fosse un semaforo io lo vedrei sempre giallo.

Si puo’ fare della musica un lavoro ovvero si puo’ vivere di musica oggi ?

Assolutamente si. La risposta è motivata essenzialmente da un dato di fatto: esistono tantissimi musicisti che vivono di musica e questo è innegabile. Ovviamente poi c’è chi è ricco, chi conduce una vita libera e dignitosa e chi invece non se la passa proprio bene, ma queste diversificazioni le riscontriamo in tutti i settori. Certo vivere di musica è una scelta che esige una massiccia dose di coraggio in quanto comporta dei sacrifici e degli sforzi completamente diversi rispetto a chi decide di svolgere un altro tipo di professione. Sicuramente per il musicista “medio” lo sbattimento è a livelli belli alti, tuttavia non ritengo sia impossibile, ma semplicemente legato a esigenze e scelte private.

Una breve e bella storia, un’ aneddoto, un esperienza importante legata alla musica 

Tanti anni fa assistetti a un seminario didattico con Faso (bassista degli Elio e le storie tese nonché uno dei miei “bass hero” di sempre), e tra le varie attività svolte c’era la possibilità di esibirsi e suonare con il basso un brevissimo brano per poi ricevere la valutazione da parte del sopracitato Faso. Quando arrivò il mio turno, durante l’esibizione sfoderai molto sfacciatamente e con generosa dose di presunzione tutte le supertecniche “bassistiche” che conoscevo.. (insomma una “sboronata” terrificante!!). Dopo l’esibizione la faccia di Faso era disgustata e al momento della valutazione disse: “Carlo, complimenti per la tecnica, sei bravo.. però cazzo!.. con il basso si accompagna, e invece tu fai fill sempre fill e unicamente fill….” ….Poi silenzio… una figura di merda senza eguali !!
Ora, non ricordo se quando tornai a casa corsi in bagno a vomitare, ma una cosa è certa , i successivi cinque mesi li passai a fare esclusivamente esercizi di accompagnamento con il metronomo a 60 bpm , e probabilmente dopo quella lezione iniziai a comprendere quanto dalla semplicità (che non vuol dire facilità) possano nascere delle cose bellissime. ..Meglio tardi che mai !

Oggi la cultura e l’arte è messa a dura prova dall’era pandemica. Secondo te per gli artisti si sta facendo abbastanza?     

Non è semplice rispondere a questa domanda, anche perché la situazione fin da subito è stata a dir poco deleteria. Probabilmente quando l’incubo era ancora agli albori e si brancolava nel buio più totale, le restrizioni totali sono state una scelta obbligata, che personalmente ho anche condiviso. D’altra parte si è dovuto fermare il mondo, era dunque inevitabile che si dovesse fermare anche la musica. Oggi però dopo due anni, dopo tanti sacrifici e dopo tante proibizioni ma soprattutto dopo tantissimi controsensi evidenti, iniziamo un po’ tutti a provare una forma acuta di sconforto che non porta assolutamente a vedere un futuro prossimo propriamente roseo. Quindi penso che per il settore artistico oggi si potrebbe decisamente fare di più.

Il tuo strumento… il basso

Inizialmente fu semplicemente un escamotage. Ho sempre desiderato suonare la batteria ma, vivendo in appartamento, per ragioni di spazio e soprattutto acustiche dovetti ripiegare sul basso, strumento di cui non sapevo praticamente nulla a parte che avesse la forma più grande di una chitarra e avesse meno corde. Fui catturato subito dal movimento delle dita che pizzicano le corde, questa visione infatti portava alla mia mente quella delle bacchette del batterista.. Credo che sia stato proprio questo il colpo di fulmine.
Mi appassionai fortemente al basso, mi affascinava la forma, il tatto con le corde , e soprattutto le timbriche basse che mi facevano vibrare. Dopo tanti anni ancora mi sorprende e mi emoziona perché sentire la vibrazione prodotta dalle note più basse a volte sussurrate con delicatezza a volte potenti, ringhianti e percussive me lo fanno percepire come il cuore pulsante, il fondamento del Groove e collante che tiene insieme tutti gli altri strumenti.. Nelle mani giuste il basso, se suonato con totale abnegazione al contesto, è uno strumento davvero straordinario capace di creare il sound tipico di una band.

Viviamo sempre di piu’ nel qui e ora, i tuoi progetti per il presente ?

Sono orgogliosamente in pianta stabile, ormai da anni, nella band di REVERENDO JONES, con cui svolgo concerti in tutta l’isola e con cui a breve si avvierà, “epoca pandemica permettendo” , il calendario per la stagione estiva. Faccio anche parte in una cover band chiamata OOMPA & LONELY BOY , con cui svolgo innumerevoli attività di intrattenimento musicale in diversi contesti.
Recentemente è nata una bella collaborazione anche con SA RAZZA per la realizzazione di concerti live con la band. Inoltre collaboro con diversi artisti come session “bassliner” per registrazioni e produzioni musicali.

 

 

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