Intervista analogica. Kush & PNT lo stile boombap che arriva dalla Bidda per trasmettere il messaggio al mondo.

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Mentre le bobine del nostro vecchio registratore iniziano a registrare questa nuova intervista analogica, ci sediamo con due artisti rap che provengono dal paese di Fluminimaggiore (Sulcis) e Buggerru , incastonati tra montagne e il mare, sono luoghi dove se ci passi percepisci subito che ti senti a casa.  Kush& PNT sono un duo che porta avanti, ormai da anni, il loro progetto musicale che ricerca i suoni e le vibrazioni più genuine e consapevoli della cultura hip hop.  Reduci dal loro ultimo album “Sfitto”, che vi invitiamo ad ascoltare, hanno sempre dedicato molta attenzione sia all’aspetto lirico che a quello sonoro curato da Omar aka PNT che con i samples ci sa veramente fare.  Il loro messaggio di resistenza attiva è un esempio di Glocal Rapping, dalla Bidda (paese) al mondo, dal locale al globale, by all means necessary!    
Come è nato il vostro progetto artistico, come vi siete incontrati e quale è il vostro messaggio? 

Ci siamo conosciuti nel 2016 e da subito abbiamo deciso di fare un progetto assieme dal nome “Kush & PNT”. Il nostro primo lavoro è stato il singolo “Samsara” uscito a luglio di quell’anno. Io già nell’anno precedente avevo sentito parlare di un giovane produttore di Buggerru che stava spaccando ed essendo di Fluminimaggiore la vicinanza tra le due realtà ha sicuramente aiutato. Nello stesso anno PNT è entrato a far parte come “dj e produttore” del mio vecchio gruppo, la PIP, una realtà hip-hop che è durata dal 2011 al 2017, anno del nostro scioglimento. La crew era composta da: Doseman (rapper e beatmaker), Raizen (rapper), Dek Funk (rapper) e il sottoscritto che ai tempi era sia rapper che produttore principale della crew. Con l’entrata di PNT quest’ultimo è diventato il produttore principale del gruppo. Nonostante il nostro scioglimento giusto un anno dopo dalla sua entrata, PNT ha continuato a collaborare con tutti i vecchi componenti nei loro rispettivi progetti solisti che sono usciti poco tempo dopo. Tornando però al duo “Kush & PNT”, i primi singoli sono usciti nel 2016 e nel 2017 è uscito il nostro primo album. Non c’è un unico messaggio che caratterizza il nostro progetto, sebbene l’idea generale rimanga quella di nutrire rispetto e riconoscimento nei confronti della cultura hip-hop.

Qual è la vostra concezione di musica rap e in che modo portate avanti  il vostro stile all’interno della cultura hip hop?

Personalmente, ascolto quasi tutti i sottogeneri della musica rap e cerco di non fare “figli e figliastri”. Parliamo di un genere musicale che ha rivoluzionato la musica pop e non solo, partendo dal basso. Nel nostro caso ci teniamo a mantenere il legame della musica rap con la cultura hip-hop, in quanto è impossibile per noi concepirlo come qualcosa di staccato da essa. Tuttavia, da parecchio tempo il rap è un genere di massa a tutti gli effetti, quindi qualsiasi cosa può essere rap, o quasi. Sicuramente non tutto può essere hip-hop e sta qui la differenza: la maggior parte degli artisti rap non è interessata alla cultura. Il nostro stile si può codificare, se vogliamo, in un boombap classico che strizza un occhio alla golden age del rap americano e, al contempo, si nutre di soul, funk, black music (ma non solo). La scelta stilistica deriva prevalentemente dallo stile delle strumentali di PNT con le quali mi trovo bene. Ma nulla esclude delle sperimentazioni future!

Quali sono gli artisti o i gruppi che vi hanno ispirato maggiormente nella vostra produzione musicale? Fate qualche nome. 

Domanda da un milione di dollari. Personalmente, ora come ora ti direi parecchio rap americano, soprattutto quello anni ’90. Mi piace di brutto quello che viene etichettato come “abstract hip-hop”. Se dovessi scegliere degli artisti, cito tra i tanti Eyedea, Cage, MF Doom, Masta Ace, Ghostface Killah. Ma sono giusto i primi che mi vengono in mente perché non si smette mai di imparare e scoprire artisti nuovi. Per quanto riguarda le produzioni, il mio beatmaker preferito in assoluto è sicuramente El-P. In generale, però devo ammettere che buona parte della musica che ascolto non è hip-hop, ma punk e hardcore; elettronica; folk; rock; metal; colonne sonore ecc. Insomma, sono un ascoltatore a tutto tondo, un insaziabile scopritore. Credo che anche avere a che fare coi sample ti porti ad approfondire qualsiasi genere musicale (o quasi). Per quanto riguarda Omar, invece, tra i produttori che lo hanno influenzato maggiormente troviamo sicuramente Premier, produttore del suo gruppo preferito in assoluto e primo gruppo con cui ha iniziato ad avvicinarsi all’hip-hop, 9Th Wonder e Apollo Brown.

In questi tempi fluidi, qual è la vostra opinione sulla scena rap odierna ? Si è perso il senso di community hip hop?

Non seguo molto la scena rap italiana attuale. Per carità, c’è gente che lo sa fare, ma non sono mai stato un fanatico della tecnica fine a sé stessa. Sicuramente il legame con la cultura hip-hop rimane solo nei collettivi di nicchia o nelle singole scene musicali locali e territoriali.

Qual è il vostro legame con la Sardegna e con il vostro paese. In che modo questa terra influisce sulla vostra musica e sulla vostra identità artistica?

La Sardegna è la nostra terra, punto. Ci identifichiamo in questo prima di tutto. E le nostre bidde (paesi) sono il nostro punto di partenza dal quale veniamo e quello non si cambia. Poi uno può decidere anche di partire, immigrare, ma rimane comunque di bidda – che per molti ha un significato dispregiativo ma noi ce ne fottiamo perché essere di bidda ha dei pro e dei contro, ma sicuramente i pro superano di gran lunga i contro. Dal punto di vista artistico la nostra terra ci ispira soprattutto da un punto di vista attitudinale più che a livello di contaminazioni musicali e stilistiche. Dei sardi apprezzo la spontaneità e la genuinità: la ricerca continua di ciò che conta in un mondo di fuffa. Cerchiamo di trasferire questa ricerca nei nostri brani.

Quali sono i vostri progetti come duo e quali obiettivi vi siete prefissati per il prossimo futuro?

Abbiamo un nuovo EP in cantiere che si chiamerà “Etere”. Non anticipo altro perché preferisco far parlare la rappa e i singoli che usciranno. Per il futuro ci piacerebbe organizzare un piccolo tour anche europeo se dovessero nascere situazioni fighe. In Italia il sound che manteniamo noi non ha poi chissà quanti aficionados mentre all’estero comunque convive tranquillamente con gli altri stili; penso ad esempio alla Spagna dove artisti boombap fanno milioni di visualizzazioni. In Italia si cerca ogni tanto di tornare a questo sound ma sono opportunismi, per quanto mi riguarda. Alla prima occasione si ritorna a fare reggaeton o pop (per non parlare di quando arriva l’estate e gli italiani danno il peggio di sé).

Dove possiamo trovare la vostra musica e quali sono i vostri canali preferiti per condividerla con il pubblico?

Ci trovate su tutte le piattaforme digitali, incluse Spotify, Apple Music ecc. Dalla pubblicazione dell’album “Sfitto” ci siamo dedicati maggiormente a Spotify per quanto non condividiamo la ratio che sta dietro a questo tipo di piattaforme che svalutano gli artisti. Però i tempi son cambiati e gli artisti son costretti in qualche modo ad adattarsi.

Cosa pensate della situazione degli artisti sardi indipendenti che non hanno, spesso, voce e spazio e quali sfide vedete per la scena locale?

Penso che gli artisti indipendenti siano masochisti ma forse è proprio quello che ci spinge ad andare avanti. Purtroppo, la sensazione è che non ci sia moltissima coesione, salvo rari casi. Tutti supportano tutti e nessuno supporta nessuno. Personalmente, rispetto molti artisti e, nello specifico, mc’s della scena sarda anche se magari non c’è mai stata occasione di conoscerci. La cosa estremamente positiva è che c’è ancora parecchia gente che fa rap e parlo di generazioni diverse tra loro. In generale penso che non ci sia ancora abbastanza rispetto per il genere musicale e per certi locali probabilmente non risultiamo ancora abbastanza “artisti” per essere considerati tali. Ma se lo fai solo per il cash e vivi in Sardegna, mi sa che hai sbagliato grosso.

Cosa significa oggi nel 2024 resistere ?

Resistere nel 2024 significa sopravvivere a tutto questo bombardamento informativo che viene dai social. La frenesia di essere aggiornati sembra che a volte non ci faccia vivere a pieno. Concentrarsi sulla propria musica è un’ottima terapia per staccare da questo tipo di mondo. E poi, parliamoci chiaro, ci sono cose che solo la musica può darti. Credo che probabilmente già essere un artista nel 2024 sia un esempio di resistenza.

 

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