Intervista Analogica. passione, sacrificio e dedizione. La sacra arte del b-boying di Nippon made in Karalis.

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PH freshcut_productions 20thmine Simone podda

L’asfalto non conosce stagioni per chi come Nippon, della mitica crew degli Ormus Force made in Karalis, ha deciso di mettere arte, passione e dedizione a questa nobile arte della cultura hip hop da oltre vent’anni. Il linguaggio del corpo disegna forme e continua a trasmettere anche oggi a chi vuole sentirsi parte di quella cultura che da 50 anni  spinge un movimento culturale, l’ hip hop, che trova ancora la forza di essere un punto di riferimento di milioni di giovani e diversamente giovini. Nippon ha viaggiato, ha lottato in tante competizioni e soprattutto ha rappresentato la bandiera sarda restando fedele al concetto di hip hop come fondamento della disciplina del breaking.  Oggi sul nostro portale indipendente ci racconta parte del suo percorso artistico. Vi invitiamo come sempre a condividere per trasmettere il messaggio e la cultura, qui siete su nootempo , zero pagine patinate, zero plastica. 

Chi sei, cosa fai e dove stai andando.

Mi chiamo Mattia Campagnola in arte Nippon, sono un B.Boy nato a Cagliari classe 84′ Componente della nota crew Ormus Force, mi impegno al massimo per esprimere la mia arte (breaking) in tutte le sue forme e attraverso tutti i canali possibili sfruttando il linguaggio del corpo. Spero che la mia passione/ossessione arrivi a quanta più gente possibile, in modo da far conoscere e innamorare il pubblico proprio come accadde a me oltre 20 anni fa.

Come nasce la tua passione per la cultura hip hop e perchè hai scelto la Break Dance (b-boyng)?

Ho incontrato la mia passione per puro caso sotto casa ad Assemini (CA), fra i palazzi del mio blocco, nell’estate del 1997 all’età di 13 anni. A quei tempi si respirava già l’Hip Hop grazie a dei ragazzi che condividevano l’amore per il ballo e per altre forme d’arte. Ognuno coltivava una o più discipline e il ballo in seguito diventò la mia passione e il mio lavoro, la mia vita. Fin dagli albori di questa cultura nel mio quartiere si seguirono le stesse dinamiche dei luoghi in cui era nato. Nonostante fosse qui ancora una cosa nuova e sconosciuta, riuscimmo a ricalcare gli stessi percorsi e le stesse situazioni del tempo e del luogo in cui era nato: dal ballare sul cartone, alle gare di freestyle, dai grafitti, ai produttori fino ai rappers.
Mi sono cimentato solo a livello base in tutte le discipline, purtroppo non sono mai riuscito a svilupparle, tuttavia sentii proprio un colpo di fulmine per la danza e da allora non ho mai smesso.
Consolidata poi dai viaggi che ho intrapreso fin da quando avevo sedici anni, nei quali ho potuto vedere nuove realtà, nuovi paesi, diverse culture, confrontandomi con esse al di fuori della mia isola. Se potessi dare un consiglio direi: viaggiare aiuta a crescere e rischiare e mettersi in gioco aiuta a vivere.

La breaking è un linguaggio del corpo. Cosa vuoi trasmettere quando balli? Quanto ti alleni e quanto è importante l’aspetto spirituale nel ballo?

Ciò che voglio trasmettere sono le stesse vibrazioni positive che riesco ad ottenere su me stesso. Potrei chiamarle così ma di fatto è come una guerra contro i miei limiti e superandoli, ogni volta i benefici tratti vanno oltre al solo fisico. Come in varie pratiche di meditazione viene influenzato anche lo stato mentale, mood, la relazione con le altre persone, inoltre vi è una grossa soddisfazione personale di riuscire in ciò che si pratica.
Mi impegno con il mio style aggressivo, esplosivo, di impatto, sia per me stesso (competizioni o showcase) che per i miei allievi (palestre workshop ecc), fino alle persone che non lo hanno mai visto prima e non lo praticano come ad esempio a  teatro. Per farlo il mio allenamento non finisce mai: non solo quando ballo, ma passa dal potenziamento alla nutrizione, dallo stato mentale a quello fisico, sono tutti aspetti che bisogna curare h24. Perfino il riposo fa parte integrante dell’allenamento: senza i risultati non sarebbero gli stessi.

La Sardegna, la tua terra e il b-boyng. Odio e amore, cose belle e cose che non funzionano?

Essendo nato su un’isola sono sempre stato attaccato alla nostra terra, alle nostre tradizioni e alla nostra cultura. Il fatto di poter rappresentare la nostra bandiera diventò un impegno: non ballavamo più solo per noi, ma per far conoscere il ballo e la nostra Terra e portarla dal quartiere alle olimpiadi, spingendola ai massimi livelli mondiali. Siamo arrivati a portarla perfino sul palco del Battle of the Year, la più famosa competizione mondiale di crew. Il mio e, penso di poter dire, nostro amore per questi eventi, ci ha permesso poi di divulgare e dare vita nella nostra terra a eventi di livello internazionale. Non mi sentirei di parlare di cosa non funziona, piuttosto preferisco essere propositivo e consigliare di non sottovalutare i sacrifici e l’impegno. Vi sono tante sfaccettature che può avere la nostra arte e le sue discipline, ivi compreso il B.Boyng, dove ognuno di noi possa mettere la passione e la dedizione in questa cultura.
Per noi non è una moda o corrente che passa, non è solo un gioco, è la nostra vita dal giorno zero, ed è in questo modo che scriviamo la nostra storia.

Uno dei traguardi più importanti del tuo percorso artistico.

Sicuramente degno di nota è aver potuto, grazie a questa arte, vedere e toccare con mano la Mecca  dell’Hip Hop: New York. Aver potuto respirare quell’aria e quel luogo dove quasi ogni singola parte sembra riflettere e ricondurre alle stesse cose che poi hanno contribuito a far nascere ed evolvere questa cultura. Tutto questo non sarebbe stato possibile se io stesso in primis non ci avessi creduto fino in fondo. E ancora lo continuo a fare. Eppure non si può descrivere la soddisfazione di leggere nello sguardo dei miei genitori la fierezza e l’orgoglio di aver visto i miei sogni realizzarsi.

50 anni di Hip Hop e sembra che esista solo il Rap. Cosa ne pensi di questa distorsione storica?  Si è perso definitivamente il concetto di jam nell’Hip Hop?

Mezzo secolo di Hip Hop ci ha mostrato che ognuno di noi ha sempre spinto, da sempre, io in primis con l’Ironman. Potrei fare mille nomi, chi sta dentro il panorama lo sa. Forse la colpa è dei media che non sfruttano tutte le loro potenzialità per educare il pubblico a un’arte più matura. Questo si riflette sul fatto che non tutti ancora sanno cosa sia davvero il mio ballo, o cosa davvero deve fare un Dj dietro ai piatti.
Questo si riflette nello scarso interesse e senza affluenza questi eventi non hanno modo di espandersi e moltiplicarsi. Oltre al Rap c’è un universo fatto di miliardi di talenti; per accorgercene ci basta aprire delle comuni piattaforme social. Eppure questi non ottengono l’attenzione che meritano. Il pubblico non è educato a causa della scarsa informazione sulle altre discipline: questo mi fa pensare che sia improbabile che si interessi di qualcosa che non conosce. Quindi si parla di 50 anni di Hip Hop o di Rap? Se potessi parlare di una distorsione evidenzierei che ormai, forse, non si parla più neanche di 4 Discipline. Abbiamo tirato dentro il discorso dai registi ai musicisti, a sarti, scrittori, scenografi…e questo movimento è da diffondere, perchè il messaggio non si può “solo” cantare.

Cinque song indelebili per scaldare l’asfalto (ballare break dance)
Come non citare:
“The Mexican”: Babe Ruth, “Let Me Clean My Throat”: Dj Kool Herc, “It’s Just Begun”: Jimmy Castor Bunch “Get Up (I Feel Like Being a) Sex Machine”: James brown “Keep Prepared For The Battle”: Zeb.Roc.Ski

Forse queste potrebbero essere le prime a venirmi in mente ma anche qui abbiamo davvero l’imbarazzo della scelta. Ci sono un sacco di Dj newschool di nuova generazione che stanno facendo scintille come quelle che ci fanno fare sul tappeto. Pochi immaginano che, per i nostri figli o nipoti, potenzialmente potrebbero essere le nuove “Get Up (I Feel Like Being a) Sex Machine”di James Brown.

Viviamo nel qui e ora: quali sono i tuoi progetti per il presente?

Ora che comunque sto curando il mio giardino, tutto quello che sto mettendo in pratica ha la finalità parallela di farmi stare bene. Sono convinto che facendo quello che mi piace riesco a esprimermi meglio, a dare più risalto alle mie potenzialità. Se parlassi di progetti e di cosa vorrei fare nell’immediato direi che già mi sto impegnando: sto insegnando, ballando nelle produzioni teatrali, club, eventi, streetshow… Spero che a breve mi si diano possibilità per realizzare progetti possibilmente gargantueschi. Ci si lavora, ci si impegna e ci si crede.

 

| ph cover PH freshcut_productions  20thmine /  Simone podda | 

 

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