intervista analogica. Sista Namely nel suo nuovo album Luna canta la forza naturale della musica. La Sardegna in levare che resiste.

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Luna il nuovo album
Nootempo come sempre è una delle poche realtà che da voce e spazio alla cultura e alla musica indipendente e la fa tracciando un percorso ultra decennale. Incontriamo una donna sarda, un’artista che non ha bisogno di tante presentazioni.  Sista Namely , una delle voci soul reggae che è ditata un punto di riferimento della musica conscious della scena sarda ma anche di quella oltre il mare. In questa intervista analogica presenta il suo nuovo album fresco di stampa. Vibrazioni consapevoli e la riconnessione con noi stessi, queste sono le tematiche principali che legano tutte le tracce di questo nuovo disco. Ogni volta che un artista sardo donna o uomo produce un lavoro originale la nostra redazione fa una piccola festa… Leggi e condividi! 

Partendo dalle tue radici musicali e dal tuo amore per il reggae, raccontaci come è iniziata la tua carriera musicale e qual è stata la tua principale fonte di ispirazione nel creare la tua musica originale? 
Ciao a tutti e tutte , grazie come sempre per il preziosissimo spazio su Nootempo. La mia passione per la musica in levare è nata quando già da ragazzina nel mio paese si faceva musica dal vivo nei parchi di giorno, e a Serramanna suonavano gli Skami Ska e altre band locali. Tra amici ci passavamo i CD, e se avevi musica figa che nessuno conosceva eri il più ganzo di tutti. Girava di tutto: hip hop, reggae, ska, punk e anche musica pop.  Reggae a parte, la prima volta che ero andata al Poetto da sola con le amiche sui jukebox suonavano i Sa Razza. I Jukebox capito? Altri tempi. Nella vita mi sono appassionata alla musica in generale e al cantautorato italiano, mi piace ascoltare e mi piace la forza che la voce può dare alle parole. Su MTV potevi beccare i Reggae National Tickets o i Pittura Fresca. Non è stato difficile insomma. Quindici anni fa abbiamo fondato i Dubinisland e ho potuto cantare finalmente reggae music. La mia più forte fonte di ispirazione è stato ciò che sentivo e che sento dentro, la voglia di diffondere speranza e aiutare me e gli altri a non perdere di vista il nostro potere di agire per cambiare.
Hai recentemente pubblicato il tuo ultimo disco. Ci puoi parlare del processo creativo che hai vissuto durante la sua realizzazione? Quali sono i temi o le esperienze che hai voluto raccontare attraverso le tue nuove canzoni?
In Luna canto della forza della musica e del suo potere trasformativo, dell’importanza di riconnetterci con i ritmi naturali della vita e della necessità di riconoscere e accogliere le nostre emozioni. Credo che per qualche ragione siamo tutti un po’ disconnessi dalla vita, da noi stessi e dagli altri. Questa è la società della performance, dove ciò che conta è essere sempre al top, felice e sorridente, il numero uno e sfidarti per essere migliore. Ma migliore di chi? Perché?
Il reggae è spesso associato a un messaggio di giustizia sociale e di pace. Come affronti queste tematiche nel tuo nuovo album? C’è un messaggio particolare che desideri trasmettere attraverso la tua musica?
Si, io credo che il punto è che siamo a disagio con noi stessi, lontani dalla nostra dimensione naturale e incapaci di vivere a pieno il presente e di creare legami autentici, puri. Non siamo in grado di partecipare di una  Solidarietà Umana, ovvero non siamo capaci di  riconoscerci nell’altro perché non conosciamo nemmeno noi stessi. Non ci si saluta nemmeno con il vicino di casa e si cammina con la testa abbassata sui cellulari. Impossibile incontrarsi. Potrei essere tacciata da boomer ma quando ero bambina i GPS erano le amiche di mia nonna, tutte zie: zia Anna, zia Zaira, zia Valverina and company e se non camminavi con la testa diritta eri uno scemo ad alto rischio pappina perché di buchi per strada ce n’erano più che adesso. Eravamo in strada a 5 anni, avevamo più zie che denti. Scherzi a parte il messaggio è “proviamo ad esserci davvero, ad accorgerci della Vita, dell’altro, interessarci, approfondire, divertirci e ringraziare”.
La Sardegna ha una scena musicale unica e vibrante. Come pensi che il tuo percorso artistico abbia influenzato e sia stato influenzato dalla cultura e dalle tradizioni sarde? In che modo hai integrato elementi della tua terra natale nella tua musica?
Non so quanto io abbia influenzato la scena ma quello che si respira qui è reale. Se vivere in un’isola non è cosa facile, d’altra parte tutto echeggia più rapidamente. Pure la musica. Lo spazio è questo e ci si incontra. Pragmaticamente posso dirti che in Mama Sardigna si possono ascoltare le launeddas e i sulittus di Matteo Muscas, giovanissimo suonatore pulese, producer reggae e cantautore. Qui tutto accade naturalmente credo. Nel mio nuovo disco Erba Santa e Luna sono in campidanese, non so quanto ci sia di tradizionale in quello che faccio ma la mia terra è ciò che sono. Sono figlia del posto in cui sono cresciuta.
La musica è un linguaggio universale che connette persone di diverse culture. Come ti immagini che il tuo pubblico possa connettersi con la tua musica? Qual è il tipo di esperienza che trasmetti alle persone che ascoltano il tuo album?
Non lo so, dovrei chiederlo a loro. È una domanda interessante effettivamente. Credo che l’energia della musica arrivi prima dei contenuti. Non so se sia un bene o un male però. Chi capisce ciò che dico spero accolga i messaggi. Spesso mi capita di scambiare feedback con persone di altre nazionalità ed è vero che la “vibe” arriva prima di tutto. Spero che la mia sia buona.
Quando non sei sul palco o in studio, come trascorri il tuo tempo libero? Ci sono attività o rituali che ti aiutano a trovare l’ispirazione o a ricaricare le energie?
Mi piace passeggiare immersa nel verde o al mare. Ascoltare musica e meditare. 
Immaginando un concerto ideale, quale sarebbe la location dei tuoi sogni per esibirti e quale artista o gruppo ti piacerebbe invitare sul palco con te?
Non ne ho idea. È normale? Forse mi piacerebbe esibirmi in un bel teatro o in un contesto naturalistico. Con chi non saprei dirti così su due piedi, avrei l’imbarazzo della scelta. Sarebbe bello con un bel po’ di artisti locali. Sarebbe un’occasione anche per raccontarci un po’. Te la butto lì.
Ci sono delle tracce o dei momenti particolari nel tuo nuovo disco che ti hanno emozionato particolarmente durante la creazione o l’esecuzione? Puoi condividere qualche dettaglio o storia dietro una canzone che ritieni particolarmente significativa?
Sinceramente tutte. Domenica forse è quella che ha scavato di più. Racconta la non accettazione reciproca quindi quella di noi stessi, l’incapacità di accogliere tutte le nostre emozioni e di riconoscersi nell’altro o nell’altra, un sentimento figlio di una società che ci vuole perfetti e performanti e che ci porta a guardare fuori e fuggire dal dolore nostro e da quello altrui.
Oltre alla tua musica, quali sono le tue aspirazioni o i tuoi obiettivi futuri come artista? Hai dei progetti o delle collaborazioni in cantiere che puoi svelarci? Cosa possiamo aspettarci dal tuo percorso musicale?
Mi piace “creare contesti” d’incontro tra creativi e creative. Ovvero organizzare eventi. Con Dea Donne e Arte dal 2017 organizziamo dei festival dove tante artiste si incontrano e si raccontano. Mi piace creare occasioni di sperimentazione musicale interattiva.   Ora spero di portare i nuovi brani del disco in giro il più possibile. Sto già lavorando inoltre a dei singoli per delle nuove riddim series con produttori italiani che verranno presto pubblicate!

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