exxxtra special interviews. Lo stile originario di Dj Sambo 3000 sulle ruote d’acciaio. A cura di Martino Vesentini

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Ho conosciuto DJ Sambo 3000 ad Aosta, la sua città nativa, in una serata in cui lui e il suo socio Sago mi hanno dato la possibilità di presentare il romanzo “Altri Verranno”, nel bellissimo spazio della “Cittadella dei Giovani”. Ora vive e lavora ad Amsterdam, dove porta sempre avanti la sua passione per l’Hip Hop piu’ genuino e originario, dietro a due fedeli giradischi ed un campionatore. E da li ci racconterà come tutto è iniziato, e, soprattutto, come proseguirà.


 

Partiamo come sempre dall’inizio: da dove nasce il tuo amore per l’Hip Hop?

Parte tutto dal 1993, ero un ragazzino che già ascoltava musica da un po’, soprattutto dalla Radio, e un giorno beccai un po’ casualmente lo spot di “Venerdì Rappa”, aveva un groove in stile West Coast che mi rapì. Quel venerdì mi collegai con la trasmissione, con le mie cuffie e la cassetta per poterla registrare e riascoltare. Da li ogni settimana scoprii qualcosa di nuovo che mi appassionò, portandomi a conoscere il Rap e il Writing. Ho coinvolto un po’ di amici smazzando alcuni Tape, e quel gruppetto è poi diventata una Crew. Poi verso i 18 anni qualcuno si è arreso, prendendo altre strade.

Quando hai capito che volevi diventare un DJ?

Lo Scratch era una cosa che si sentiva moltissimo nei pezzi a quei tempi, per cui ci ho provato da subito anch’io, col giradischi di mia madre. Ricordo proprio uno dei primi dischi che mi ritrovai a manipolare, era Lucio Dalla che nel pezzo “Disperato Erotico Stomp” diceva la parola “Puttana” in maniera molto pulita, quasi acapella, per cui provai subito a scratcharla.

Ho dovuto comunque aspettare un bel po’ prima di potermi comprare l’attrezzatura giusta, lavorai per un po’ tra Supermercati e McDonald’s e dopo un anno e mezzo circa riuscii a prendere un solo piatto Technics e un mixer Scratchmaster della Gemini. Imparai così a mixare e qualche tecnica dello scratch, per lo più conoscevo il Transformer e il Crab, poi entrai in un gruppo di 5 ragazzi che avevano un loro SoundSystem, di stampo giamaicano.

Uno di loro, Saga, mixava la DanceHall da paura, e da lui imparai tantissimo, e grazie a Dio perché ai tempi non c’erano tutorial, ricordo che riuscii a malapena a comprare una videocassetta VHS del DMC. Andavo “Da Mauro”, un negozio appena fuori la stazione di Porta Susa a Torino, ci lavorava dentro Rino Double S, era un bel ritrovo per la scena della zona. Ho sempre pensato che il DJ fosse la massima espressione dell’Hip Hop, assieme al B-Boy.

Quando hai iniziato a dedicarti alle produzioni?

Quello è successo qualche anno dopo, nel 2005 circa. Scrivevo rime, avevo registrato alcune cose sulle strumentali di altri e sentivo l’esigenza di produrre dei beat miei, creando il mio suono, il mio marchio sonoro. Ho iniziato col PC, con FruityLoops, anche se avevo già un po’ trafficato col 950 di un amico, Dusty, un producer che già nel 99/2000 aveva fatto un bel lavoro, con dentro i Gatekeepaz, molto underground, che purtroppo non è mai uscito.

Per cui qualche anno dopo presi il mio primo campionatore, con un Pad Midi e il PC, ho studiato un po’ di Pro Tools, e da li si può dire che non ho mai smesso.

Oggi utilizzo un MPC1000, che è un buon compromesso per uno come me, parto sempre da un campione, specialmente per le batterie e poi ci aggiungo delle stringhe, delle melodie, suonandole sopra, pur non avendo un percorso di studio musicale vero e proprio, diciamo che sono un’autodidatta, pochi libri e tanta pratica. Poi io faccio sempre ascoltare le mie cose a qualche amico, e vedendo la loro reazione, se muovono la testa o il corpo, capisco se i miei beat funzionano oppure no.

E’ uscito da poco il tuo ultimo progetto, “In My Room”.

Esatto, è un progetto strumentale che ho voluto stampare su cassetta, perché io sono nato al tempo dei Tape, per cui mi sembrava quasi doveroso farlo. Anche se molti non riusciranno ad ascoltarlo su quel formato, perché oramai non esistono più i “mangianastri”. A sei mesi dalla stampa ho deciso ora di pubblicarlo anche a livello digitale, per cui lo potete trovate sui miei canali di Bandcamp, SoundCloud e YouTube.

Come mai un album di Beat senza il Rap?

Ma guarda oggi è difficile collaborare con qualcuno, on line per me è proprio complicato agganciare le persone giuste. Tanti seguono solo il trend del momento, la moda, per cui se non suoni come i beat Trap non vai da nessuna parte. Io ho sempre cercato di fare il mio, ovviamente con delle ispirazioni ben definite, ma con uno stile di fondo che è solo mio. Poi non mi andava ne di pagare featuring, ne volevo diventare il nuovo DJ Shocca. A me interessa soprattutto la musica.

Rispondimi istintivamente: un Produttore, un Rapper ed un DJ per te fondamentali?

Partiamo dal produttore: DJ Muggs. Lui è uno dei top in assoluto, aveva qualcosa di diverso, uno stile vario ma tutto suo, ha collaborato con tantissima gente, soprattutto negli ultimi tempi. Ora uscirà con “Soul Assassins 3” che ho già pre-ordinato, ci saranno dentro Cee-Lo, Ice Cube, B-Real, un botto di gente. Oltre a lui ti direi anche altri nomi, come Premier, RZA, Dre, insomma i grandi classici.

Come Rapper, potrei dirti qualcuno del Wu Tang, sto pensando a Method Man, per voce e flow, o Inspectah Deck, ma anche Genius, che all’epoca (1995) fece un disco clamoroso. Capitolo DJ: ti dico D-Styles degli Invisible Skratch Piklz, perché ha una musicalità unica. L’album “Phantazmagorea” (2002) è stata per me la Bibbia della Scratch Music. A proposito di questo ultimamente sto cercando di registrare delle tracce di solo Scratch Music, senza campionatore, usando solo i piatti. E’ partito tutto comprando una Loop Station, da li ho imparato a prendere le robe dai giradischi, con l’aggiunta poi di voci, scratch, eccetera, fino ad arrivare ad avere un pezzo completo. Solo Turntable, ogni elemento della canzone arriverà da li. E’ un po’ un esperimento, già nel 2019 avevo fatto un EP con quattro pezzi, “A Piece of My World”, con beat prodotti da me e gli scratch sopra. Questo sarà il mio prossimo progetto di sicuro.

Un po’ quello che faceva l’Alien Army, ma a più mani?

Si, esatto, guarda Skizo è sempre stato il mio Maestro, ricordo quando acquistai la loro prima cassettina, “Il Contatto”, la comprai proprio “Da Mauro” e la consumai a forza di ascoltarla! Alien Army senza dubbio è un riferimento importantissimo.

 

 

 

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