Intervista Analogica. Il Mondo nelle immagini del film maker sardo Nicola Baraglia

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Oggi per questa nuova intervista analogica  da leggere e condividere mettendo da parte la web-Pigrizia,  facciamo quattro chiacchiere con un professionista sardo del video making. Nicola Baraglia si muove dal sulcis iglesiente , precisamente da Iglesias e come tanti talentuosi artisti e creativi vive e lavora oltre mare a Milano. Il suo obiettivo racconta storie tra bellezze e miserie che arrivano dal mondo, raccontano di popoli lontani ma si focalizzano anche su progetti per aziende importanti in diversi settori. Nicola sogna di portare la sua arte visiva nella nostra isola e quindi di tornare per far crescere qui il suo progetto. Attualmente è impegnato in un  tour in tutta l’Italia con Peugeot ma nel suo cassetto ci sono numerosi progetti interessanti.  Ma come sempre lasciamo spazio alle sue parole che vale la pena leggere e condividere perchè da ogni artista, ogni professionista e creativo indipendente si può’ imparare qualcosa di utile. Nootempo cerca nel suo piccolo di dare voce e spazio , sta a voi darci una mano e fare Rete per diffondere queste storie. 

 

” Posso anche occuparmi del montaggio fuori sede con un portatile. È la dimensione di un “nomade incazzato” 

N Una tua sintetica ma densa presentazione
Mi Chiamo Nicola Baraglia e sono nato ad Iglesias, in quella che oggi definiscono la provincia più povera d’Italia. La figura di un padre precario, che ho accompagnato nelle sue proteste ed occupazioni già da quando avevo nove anni, mi ha portato,  con rabbia e sensibilità, ad intraprendere la strada del racconto documentaristico. Sono convinto che ci sia bisogno di dare voce anche agli “ultimi”.

N Raccontaci come nasce una tua produzione e come affronti il tuo lavoro.
Lavoro a Milano dal 2013, dopo essermi specializzato in Cinema, Televisione e Nuovi Media all’Università Iulm. Lavoro come Film-maker freelance, curando i miei progetti in tutta la loro complessità, dall’idea alla post-produzione. Il mio lavoro, pur richiedendo una parte solitaria, in cui ritrovo il mio lato introverso, mi permette di condividere con amici ed altri professionisti, il mondo delle immagini e delle storie del Mondo.

N Che messaggio vuoi trasmettere attraverso il tuo lavoro.
Ho avuto la fortuna di viaggiare, ma non facendo il turista. Attraverso il documentario ho conosciuto delle realtà che non avrei mai potuto vedere da solo; non scorderò mai i volti delle donne afghane, quelli sfigurati dall’acido in una città Pakistan, la sofferenza delle persone mutilate in un ospedale Iraq.  Non trascuro, comunque, altri tipi di scenari, forse meno drammatici, ma comunque di rilevante importanza poiché ogni storia merita il suo video.

N Oggi in tanti puntano su youtube o sul lavoro di vlogger; cosa ne pensi ?
Penso che sia importante far arrivare dei messaggi con un contenuto. Non sono mai apparso in un mio video perché questa non è la mia modalità di espressione.
Mi rendo conto che in quest’era in cui mostrarsi, e farsi guardare, youtube dia delle grandi possibilità.  Credo anche che in tal modo, alle volte, si dia più risalto alla propria figura rispetto alla sostanza del proprio percorso.

N Una piccola storia, un viaggio o una storia di ordinaria follia
In realtà è un caleidoscopio di storie, un progetto nato dall’idea del mio amico Giuseppe Carrieri e realizzato con tutti gli altri  colleghi della Natia Docufilm. Si chiama “Appunti sulla Felicità”. Non vorrei raccontarlo con le mie parole, ma condividere con voi queste immagini.

N Quali sono le tua fonti di ispirazione?
Tutte le immagini ed i “frame” che incontro per strada, per i viaggi o su un libro. I lavori che hanno già ricevuto dei premi a Festival importanti o quelli che trovi in un piccolo cinema con una programmazione indipendente.

N Un progetto che hai affrontato che ti portato belle soddisfazioni.
Si chiama “Hanging in the Balance”, un film che ho realizzato per conto della “Fondazione Feltrinelli”. Prima di allora avevo sempre  lavorato come film-maker, ma mai come regista di un progetto di Documentario lungo. Ho coinvolto il mio migliore amico e collega Marco e ci siamo immersi in questa storia. Il tema era quello del lavoro e quindi mi riportava verso quello che avevo già vissuto con mio padre. La precarietà e l’incertezza, ma anche la determinazione delle singole persone.

N La tua Sardegna, il tuo Paese ; come vedi questa isola da oltre il mare ?
La vedo in difficoltà, la immagino rinascere, sogno di tornarci un giorno.

N Descrivici Il tuo set up tecnico. Quanto conta la tecnologia rispetto alla creatività ?
Un set up molto leggero. Una valigia e uno zaino è tutto quello che mi occorre per i miei lavori. Posso anche occuparmi del montaggio fuori sede con un portatile. È la dimensione di un “nomade incazzato”  che pur di regalare un futuro migliore alla sua famiglia è disposto a spostarsi con la determinazione e mai con la rassegnazione anche nei periodi più difficili.

N Condividi con noi un tuo video o un clip che ti rappresenta
Questo è stato mio primo documentario, dedicato a mio padre

N Dove possiamo incontrarti in rete ?
www.nicolabaraglia.com

N Il futuro secondo noi non esiste. Quali sono i tuoi progetti per il Presente ?
Nel presente sto per partire in un tour di tutta l’Italia con Peugeot. Nel futuro ritornerò a lavorare con il regista Peter Svatek che ha portato le mie immagini su una piattaforma importante come Netflix con il lavoro “Teather of Life”.

N Esalta in modo sguaiato la nostra factory Nootempo e … sono tutti video-makers , sfogati !
Non posso esaltarvi in modo sguaiato dopo avere letto che siete una “catena di montaggio silenziosa che non produce inquinamento“. Buone immagini libere a tutti.

 

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